Moglie e marito al servizio del Padrone (parte 6) - L’arrivo della Padrona
Scritto da Kugher, il 2021-07-17, genere dominazione
ENRICO e LIA * * *
Quando tornò sua moglie, Lia, lo trovò rilassato in poltrona con i piedi comodamente appoggiati sullo schiavo fatto stendere a terra mentre la moglie di questo glieli stava leccando.
Enrico stava guardando la televisione ignorando completamente la giovane coppia a terra.
Ormai aveva già avuto l’orgasmo e quell’utilizzo non aveva nulla di erotico, per lui, essendo solo generato dal desiderio di avere comodi i piedi e, su essi, la dolce carezza della lingua di
una bella donna.
Al di là della comodità, gli piaceva tenere sotto i piedi il marito della donna alla quale aveva ordinato di leccarglieli e che aveva appena usato per godere.
A volte preferiva usare la schiava quale poggiapiedi e, in quel caso, solitamente teneva il marito poco distante incatenato al guinzaglio in modo che, inerme, potesse guardare la sua bella moglie sotto i piedi di altro uomo che aveva su di lei ogni diritto.
Il dominio era amplificato dal pensiero che, in quel momento, la posizione non era generata da erotismo ma solo da comodità.
“Ciao amore, sei stanca?”.
“Un po’. C’era molta gente e ci ho impiegato più del previsto. Lasciami lo schiavo che me lo porto in bagno mentre mi faccio la doccia”.
Andrea, liberato dall’uso quale poggiapiedi, andò a baciare le scarpe della Padrona finché questa non decise di recarsi in bagno, seguendola carponi.
La moglie dello schiavo prese il suo posto quale poggiapiedi per il Padrone che continuò a guardare la televisione.
Dopo avere svolto la funzione di sedia a quattro zampe per fare sedere su di sé la Padrona mentre si struccava, Andrea venne fatto stendere davanti alla doccia con un asciugamano sul petto.
Lia gli salì sopra in piedi.
Era abbastanza una costante questo utilizzo degli schiavi quale mobilio umano.
Lia era ancora una donna piacente seppur con i chili in più che si guadagnano con l’età, ma lo schiavo era forte, né lei si sarebbe comunque preoccupata del dolore del giovane sotto i suoi piedi.
La Padrona fece scorrere l’apertura della doccia.
Mentre era ancora sullo schiavo aprì il rubinetto e miscelò l’acqua attendendo che
raggiungesse la temperatura di comfort.
Sapeva come il marito lo aveva appena usato e, quindi, che era ancora fisicamente provato.
La circostanza, però, non la interessava minimamente e non andò ad incidere sull’uso che ne aveva intenzione di fare.
Sapeva che quello schiavo provava eccitazione nell’avere i Padroni sopra di sé e ne apprezzò l’eccitazione del sesso che si stava indurendo, nonostante la stanchezza fisica.
Prima di entrare in doccia, decise di giocare con il pene di Andrea.
Pesando su un piede solo, utilizzò l’altro per accarezzare il sesso che si indurì ancor di più.
Gli dava piccoli calcetti oppure faceva strisciare la pianta del piede sul glande come su uno zerbino.
Decise anche di appogiarci sopra il piede e di calpestarlo, posando tutto il peso sul sesso duro. Ne apprezzava molto la consistenza sotto il piede. Lo schiacciò anche come se stesse spegnendo una sigaretta sfregando sul glande esposto privo della naturale protezione.
Vedeva il dolore sul viso dello schiavo ma sentiva anche che il sesso non perdeva il suo turgore.
Prima di entrare in doccia andò a posarsi con entrambi i piedi sul petto rivolta verso il viso del
tappetino umano e passò la pianta sulla lingua che lo schiavo aveva tirato fuori. Prima un piede e poi l’altro.
Quando fu soddisfatta entrò lasciando Andrea in attesa quale tappetino sopra il quale sarebbe stata al momento di asciugarsi.
Avrebbero liberato gli schiavi il giorno dopo, provando sempre piacere nell’averli a terra nella gabbia posta nella loro camera da letto per la notte.
Piaceva ad entrambi i Padroni tenere gli schiavi in gabbia.
Spesso li lasciavano dentro a lungo, quando non dovevano usarli oppure quando uscivano da casa.
Trovavano piacevole rientrare, vederli lì dentro e farli uscire per farsi servire, oppure lasciarli ancora ignorandoli.
Parimenti era eccitante essere in luoghi pubblici pensando che a casa una coppia di giovani schiavi li stava attendendo rinchiusa in gabbia.
Il giorno dopo avrebbero iniziato a programmare la vacanza sullo yacht, ma solo dopo che gli schiavi se ne fossero andati.
Avrebbero dato loro le disposizioni al momento opportuno, comunicando solo il numero dei giorni nei quali avrebbero dovuto essere a loro disposizione.
Uscita dalla doccia, restando sul tappetino umano, si infilò l’accappatoio.
Terminato di asciugarsi in piedi sul petto di Andrea, si accovacciò sulla bocca dello schiavo per farsi leccare ano e sesso.
Prima di alzarsi urinò nella sua bocca provando piacere nel sentire i ripetuti ingoi.
Quella sera si sarebbe fatta leccare da Andrea mentre avrebbe frustato la moglie.
Ormai per lei ed il marito, Andrea e Marta venivano visti sempre meno come persone che si erano sottomesse e sempre più come schiavi di loro proprietà.
Quando tornò sua moglie, Lia, lo trovò rilassato in poltrona con i piedi comodamente appoggiati sullo schiavo fatto stendere a terra mentre la moglie di questo glieli stava leccando.
Enrico stava guardando la televisione ignorando completamente la giovane coppia a terra.
Ormai aveva già avuto l’orgasmo e quell’utilizzo non aveva nulla di erotico, per lui, essendo solo generato dal desiderio di avere comodi i piedi e, su essi, la dolce carezza della lingua di
una bella donna.
Al di là della comodità, gli piaceva tenere sotto i piedi il marito della donna alla quale aveva ordinato di leccarglieli e che aveva appena usato per godere.
A volte preferiva usare la schiava quale poggiapiedi e, in quel caso, solitamente teneva il marito poco distante incatenato al guinzaglio in modo che, inerme, potesse guardare la sua bella moglie sotto i piedi di altro uomo che aveva su di lei ogni diritto.
Il dominio era amplificato dal pensiero che, in quel momento, la posizione non era generata da erotismo ma solo da comodità.
“Ciao amore, sei stanca?”.
“Un po’. C’era molta gente e ci ho impiegato più del previsto. Lasciami lo schiavo che me lo porto in bagno mentre mi faccio la doccia”.
Andrea, liberato dall’uso quale poggiapiedi, andò a baciare le scarpe della Padrona finché questa non decise di recarsi in bagno, seguendola carponi.
La moglie dello schiavo prese il suo posto quale poggiapiedi per il Padrone che continuò a guardare la televisione.
Dopo avere svolto la funzione di sedia a quattro zampe per fare sedere su di sé la Padrona mentre si struccava, Andrea venne fatto stendere davanti alla doccia con un asciugamano sul petto.
Lia gli salì sopra in piedi.
Era abbastanza una costante questo utilizzo degli schiavi quale mobilio umano.
Lia era ancora una donna piacente seppur con i chili in più che si guadagnano con l’età, ma lo schiavo era forte, né lei si sarebbe comunque preoccupata del dolore del giovane sotto i suoi piedi.
La Padrona fece scorrere l’apertura della doccia.
Mentre era ancora sullo schiavo aprì il rubinetto e miscelò l’acqua attendendo che
raggiungesse la temperatura di comfort.
Sapeva come il marito lo aveva appena usato e, quindi, che era ancora fisicamente provato.
La circostanza, però, non la interessava minimamente e non andò ad incidere sull’uso che ne aveva intenzione di fare.
Sapeva che quello schiavo provava eccitazione nell’avere i Padroni sopra di sé e ne apprezzò l’eccitazione del sesso che si stava indurendo, nonostante la stanchezza fisica.
Prima di entrare in doccia, decise di giocare con il pene di Andrea.
Pesando su un piede solo, utilizzò l’altro per accarezzare il sesso che si indurì ancor di più.
Gli dava piccoli calcetti oppure faceva strisciare la pianta del piede sul glande come su uno zerbino.
Decise anche di appogiarci sopra il piede e di calpestarlo, posando tutto il peso sul sesso duro. Ne apprezzava molto la consistenza sotto il piede. Lo schiacciò anche come se stesse spegnendo una sigaretta sfregando sul glande esposto privo della naturale protezione.
Vedeva il dolore sul viso dello schiavo ma sentiva anche che il sesso non perdeva il suo turgore.
Prima di entrare in doccia andò a posarsi con entrambi i piedi sul petto rivolta verso il viso del
tappetino umano e passò la pianta sulla lingua che lo schiavo aveva tirato fuori. Prima un piede e poi l’altro.
Quando fu soddisfatta entrò lasciando Andrea in attesa quale tappetino sopra il quale sarebbe stata al momento di asciugarsi.
Avrebbero liberato gli schiavi il giorno dopo, provando sempre piacere nell’averli a terra nella gabbia posta nella loro camera da letto per la notte.
Piaceva ad entrambi i Padroni tenere gli schiavi in gabbia.
Spesso li lasciavano dentro a lungo, quando non dovevano usarli oppure quando uscivano da casa.
Trovavano piacevole rientrare, vederli lì dentro e farli uscire per farsi servire, oppure lasciarli ancora ignorandoli.
Parimenti era eccitante essere in luoghi pubblici pensando che a casa una coppia di giovani schiavi li stava attendendo rinchiusa in gabbia.
Il giorno dopo avrebbero iniziato a programmare la vacanza sullo yacht, ma solo dopo che gli schiavi se ne fossero andati.
Avrebbero dato loro le disposizioni al momento opportuno, comunicando solo il numero dei giorni nei quali avrebbero dovuto essere a loro disposizione.
Uscita dalla doccia, restando sul tappetino umano, si infilò l’accappatoio.
Terminato di asciugarsi in piedi sul petto di Andrea, si accovacciò sulla bocca dello schiavo per farsi leccare ano e sesso.
Prima di alzarsi urinò nella sua bocca provando piacere nel sentire i ripetuti ingoi.
Quella sera si sarebbe fatta leccare da Andrea mentre avrebbe frustato la moglie.
Ormai per lei ed il marito, Andrea e Marta venivano visti sempre meno come persone che si erano sottomesse e sempre più come schiavi di loro proprietà.
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