Moglie e marito al servizio del Padrone (parte 3) - La moglie inginocchiata
Scritto da Kugher, il 2021-07-02, genere dominazione
ENRICO e LIA ***
Enrico era seduto sul marito della schiava posto in funzione di amaca umana.
Era sempre molto doloroso il momento in cui il Padrone si sedeva su di lui e, alzate le gambe, scaricava tutto il peso del corpo, non proprio leggero, sul mobilio umano sotto di lui.
Non era senza conseguenze nemmeno il momento in cui, appena sdraiatosi, si sistemava per mettersi comodo.
La moglie dello schiavo, anch’essa schiava, era inginocchiata accanto al Padrone.
Aveva le cosce appena aperte, il busto eretto e le mani unite davanti al busto e poste a coppa.
La postura prevedeva che i bei seni della donna fossero esposti in fuori, come offerti, al pari del sesso che si vedeva tra le cosce semiaperte.
Da ogni gesto del Padrone traspariva la noncuranza verso il dolore e la situazione che coinvolgeva lo schiavo, pensando anzi solo al proprio piacere ed alla propria comodità.
I Padroni trattavano quella coppia come oggetti da usare.
Spesso li destinavano alla funzione di mobilio: sedia, tappeto, tavolino, zerbino, cuscino del divano.
L’amaca era stata fatta posizionare all’ombra e il venticello che c’era sempre in quel lato del giardino, dava sollievo dal calore della giornata.
Enrico si accese con calma il sigaro, azione a lui gradita che gli consentiva di rilassarsi.
Questo, però, avrebbe voluto dire che prima della fine non si sarebbe alzato dallo schiavo. Andrea trovava quell’azione molto sadica in quanto era una sorta di clessidra che gli consentiva di misurare non tanto il tempo passato, quanto quello che sarebbe mancato al suo sollievo.
A differenza della clessidra, che scorre costantemente, la durata del sigaro dipendeva dalla scelta del fumatore.
La schiava era posizionata in ginocchio accanto e, con le mani unite a coppa, svolgeva la funzione di posacenere.
Dopo un po’ di tempo cominciava ad essere faticoso tenere le braccia in quella posizione.
Ogni tanto il Padrone allungava di poco il braccio per scrollare la cenere sulle mani della giovane donna.
Ad entrambi gli schiavi sembrava che il tempo non finisse mai.
Lo schiavo, con la testa a penzoloni tra le gambe del Padrone, vedeva il dominante tranquillo, comodo e rilassato.
La moglie dello schiavo era sposa anche nel dolore, seppure in misura diversa, causato da pinzette ai capezzoli ed alle grandi labbra applicate poco prima che il Padrone si sedesse sul marito.
Le pinzette ai capezzoli ed al sesso erano a loro volta unite da una catenella in modo che, se tirata, procurava dolore alla schiava nei quattro posti di contatto.
Vi era infatti una ulteriore catenella che si dipartiva da quella che univa i morsetti ed era tenuta in mano dal Padrone che, a piacimento, la tirava.
Trovava eccitante vedere il dolore della schiava che non poteva dismettere la funzione di posacenere umano.
Enrico aveva anche in mano un frustino. Tirando la catenella, la schiava, quando il dolore era forte, si muoveva dalla posizione per assecondare il Padrone che tirava, cercando di alleviare la sofferenza.
Appena si muoveva il Padrone le dava qualche colpo di frustino in quanto l’ordine era di stare ferma.
La schiava riuscì comunque a non perdere mai la cenere tenuta in mano.
A volte il Padrone dava un colpo secco tirando i morsetti. Altre volte era una cosa progressiva.
Il dolore imposto quale prova del potere.
Il dolore subito, quale prova della sottomissione.
Il tutto generava formicolio di piacere per tutti, speculare.
La testa china non le impediva di vedere la sofferenza del marito quale costo per la comodità ed il piacere del Padrone.
In quel momento erano entrambi un oggetto anche se sapevano che la schiava era anche un giocattolo in attesa di essere usata sessualmente dal Padrone.
La fine del sigaro sarebbe stato il limite in cui sarebbe finita la sofferenza del marito e sarebbe iniziato l’uso della moglie.
Il leggero e costante dolore procurato dai morsetti, unitamente alla situazione di completa schiavitù nella quale suo marito era solo un mobilio, le consentiva di essere eccitata, col battito cardiaco che si faceva sentire anche per la tensione generata dall’incognita circa l’uso cui sarebbe stata sottoposta.
Diversa la situazione per il marito che aveva solo dolore.
La situazione che in quel momento stava vivendo gli avrebbe procurato quella sorta di eccitazione al termine dell’esperienza, nel ripensare al suo utilizzo e a ciò che questo rappresentava nel rapporto di coppia e tra le coppie.
Schiava e schiavo non sapevano che i Padroni avevano deciso di dare una accelerata al loro rapporto. Li avrebbero sottoposti ad utilizzi intensi per accertarsi della loro totale sottomissione che avrebbe confermato la solidità di quel rapporto speciale.
Enrico era seduto sul marito della schiava posto in funzione di amaca umana.
Era sempre molto doloroso il momento in cui il Padrone si sedeva su di lui e, alzate le gambe, scaricava tutto il peso del corpo, non proprio leggero, sul mobilio umano sotto di lui.
Non era senza conseguenze nemmeno il momento in cui, appena sdraiatosi, si sistemava per mettersi comodo.
La moglie dello schiavo, anch’essa schiava, era inginocchiata accanto al Padrone.
Aveva le cosce appena aperte, il busto eretto e le mani unite davanti al busto e poste a coppa.
La postura prevedeva che i bei seni della donna fossero esposti in fuori, come offerti, al pari del sesso che si vedeva tra le cosce semiaperte.
Da ogni gesto del Padrone traspariva la noncuranza verso il dolore e la situazione che coinvolgeva lo schiavo, pensando anzi solo al proprio piacere ed alla propria comodità.
I Padroni trattavano quella coppia come oggetti da usare.
Spesso li destinavano alla funzione di mobilio: sedia, tappeto, tavolino, zerbino, cuscino del divano.
L’amaca era stata fatta posizionare all’ombra e il venticello che c’era sempre in quel lato del giardino, dava sollievo dal calore della giornata.
Enrico si accese con calma il sigaro, azione a lui gradita che gli consentiva di rilassarsi.
Questo, però, avrebbe voluto dire che prima della fine non si sarebbe alzato dallo schiavo. Andrea trovava quell’azione molto sadica in quanto era una sorta di clessidra che gli consentiva di misurare non tanto il tempo passato, quanto quello che sarebbe mancato al suo sollievo.
A differenza della clessidra, che scorre costantemente, la durata del sigaro dipendeva dalla scelta del fumatore.
La schiava era posizionata in ginocchio accanto e, con le mani unite a coppa, svolgeva la funzione di posacenere.
Dopo un po’ di tempo cominciava ad essere faticoso tenere le braccia in quella posizione.
Ogni tanto il Padrone allungava di poco il braccio per scrollare la cenere sulle mani della giovane donna.
Ad entrambi gli schiavi sembrava che il tempo non finisse mai.
Lo schiavo, con la testa a penzoloni tra le gambe del Padrone, vedeva il dominante tranquillo, comodo e rilassato.
La moglie dello schiavo era sposa anche nel dolore, seppure in misura diversa, causato da pinzette ai capezzoli ed alle grandi labbra applicate poco prima che il Padrone si sedesse sul marito.
Le pinzette ai capezzoli ed al sesso erano a loro volta unite da una catenella in modo che, se tirata, procurava dolore alla schiava nei quattro posti di contatto.
Vi era infatti una ulteriore catenella che si dipartiva da quella che univa i morsetti ed era tenuta in mano dal Padrone che, a piacimento, la tirava.
Trovava eccitante vedere il dolore della schiava che non poteva dismettere la funzione di posacenere umano.
Enrico aveva anche in mano un frustino. Tirando la catenella, la schiava, quando il dolore era forte, si muoveva dalla posizione per assecondare il Padrone che tirava, cercando di alleviare la sofferenza.
Appena si muoveva il Padrone le dava qualche colpo di frustino in quanto l’ordine era di stare ferma.
La schiava riuscì comunque a non perdere mai la cenere tenuta in mano.
A volte il Padrone dava un colpo secco tirando i morsetti. Altre volte era una cosa progressiva.
Il dolore imposto quale prova del potere.
Il dolore subito, quale prova della sottomissione.
Il tutto generava formicolio di piacere per tutti, speculare.
La testa china non le impediva di vedere la sofferenza del marito quale costo per la comodità ed il piacere del Padrone.
In quel momento erano entrambi un oggetto anche se sapevano che la schiava era anche un giocattolo in attesa di essere usata sessualmente dal Padrone.
La fine del sigaro sarebbe stato il limite in cui sarebbe finita la sofferenza del marito e sarebbe iniziato l’uso della moglie.
Il leggero e costante dolore procurato dai morsetti, unitamente alla situazione di completa schiavitù nella quale suo marito era solo un mobilio, le consentiva di essere eccitata, col battito cardiaco che si faceva sentire anche per la tensione generata dall’incognita circa l’uso cui sarebbe stata sottoposta.
Diversa la situazione per il marito che aveva solo dolore.
La situazione che in quel momento stava vivendo gli avrebbe procurato quella sorta di eccitazione al termine dell’esperienza, nel ripensare al suo utilizzo e a ciò che questo rappresentava nel rapporto di coppia e tra le coppie.
Schiava e schiavo non sapevano che i Padroni avevano deciso di dare una accelerata al loro rapporto. Li avrebbero sottoposti ad utilizzi intensi per accertarsi della loro totale sottomissione che avrebbe confermato la solidità di quel rapporto speciale.
Questo racconto di Kugher è stato letto 3 8 6 5 volte
commenti dei lettori al racconto erotico