Moglie e marito al servizio del Padrone (parte 2)
Scritto da Kugher, il 2021-06-29, genere dominazione
ENRICO e LIA ***
Andrea e Marta, nella loro esigenza di sottomissione, entrambi avevano un rapporto particolare col dolore.
Non era solo masochismo, il piacere nella sofferenza. Ciò che li eccitava era il potere dei Padroni di generare a loro dolore a piacimento, per comodità o divertimento.
Era una forte prova di sottomissione, consegnare non solo sé stessi per il servizio ma anche il proprio dolore.
Ad esso si aggiungeva la consegna del proprio piacere, avendo rinunciato a poter decidere se provare l’orgasmo o meno, rimettendo ogni decisione ad altri.
Il dolore è particolare, sia per chi lo prova sia, come nel caso di Marta, per chi vi deve assistere inerme ma, anzi, destinata a servire colui genera sofferenza al marito.
Entrambi lo vivevano come conferma (sempre che ce ne fosse bisogno) del loro stato, delle esigenze della loro anima che necessitava la totale appartenenza ad altri, per ogni aspetto,
avendo rinunciato a disporre di sé.
Di tutte queste sensazioni ed emozioni, una volta a casa, tra loro ne avrebbero parlato. Andrea e Marta avevano deciso di condividere questi loro bisogni e di viverli insieme. Si sentivano ancor più uniti, come se avessero fatto l’amore tra loro.
Questa era la loro sessualità, l’avevano conosciuta, approfondita ed accettata.
Parlavano sia della quantità di dolore sofferto, sia delle sensazioni nel vedere il marito (o la moglie) usato in quel modo. Questo alimentava la loro sottomissione e li univa nella condivisione di quell’aspetto dell’anima che, tra loro due soli, non avrebbero potuto far respirare.
Specularmente accadeva la stessa cosa tra i Padroni.
Toccò a Marta preparare il marito che era andato a stendersi sulla schiena nel prato tra due alberi.
Gli mise le imbragature alle braccia fino alle spalle da una parte, e alle gambe fino al bacino dall’altra, acquistate apposta per quell’utilizzo che i Padroni avevano dato modo di gradire moltissimo.
Enrico trovava eccitante vedere la bella Marta che preparava il marito per i momenti di dolore che lo aspettava, complice involontaria del suo carnefice e carnefice essa stessa perchè, pur
sottomessa, provava eccitazione all’uso cui era destinato il marito.
Lui sapeva che lei provava piacere per la sua sottomissione e che tra le cosce si stava preparando per l’uso che ne avrebbe fatto il Padrone.
Negli anelli alle cavigliere fece passare due corde che andavano in una carrucola appesa ad un ramo alto che, azionata, sollevò da terra il marito.
Stessa operazione alle polsiere, nelle quali fece passare due corde che, a mezzo della carrucola posta sul ramo di altra pianta, le consentì di sollevare il marito da terra che, a questo punto, formava una sorta di amaca umana.
Già questa posizione era dolorosa per lo schiavo e la moglie si sentiva bagnata tra le gambe.
Particolare la situazione in cui lei stessa deve “preparare” il marito al piacere altrui, causandogli sofferenza.
In un atto solo la sottomissione di entrambi.
Come al solito in quei momenti, avrebbe voluto baciarlo anche solo per condividere
l’eccitazione ma, sapeva, non potevano tra loro avere contatti non autorizzati e, pertanto,
proseguì nella sua funzione di carnefice e vittima allo stesso tempo.
Il marito, invece, era più concentrato sul dolore e su ciò che lo attendeva mentre, comunque, sentiva quella particolare situazione alla bocca dello stomaco.
Enrico, ad operazione conclusa, decise di attendere la fine dell’articolo prima di andarsi a sedere sull’amaca umana.
L’attesa genera ulteriore tensione nello schiavo che, accanto a sé, inginocchiata, vedeva la moglie spettatrice del suo dolore e della sua umiliazione, umiliata anch’essa per la condanna a dovere assistere, eccitata per la sua sorte.
Il Padrone andò finalmente a sedersi sull’amaca interrompendo così l’ansia dell’attesa per qualcosa che veniva solo ritardato.
Si sedette sul ventre e appoggiò la schiena alle gambe dello schiavo poste più in alto per fungere anche da spalliera e fece passare le gambe ai lati della testa tra questa e le braccia, in modo che le ginocchia coincidessero con la spalla, avendo così i piedi penzoloni.
Lo schiavo cominciò a lamentarsi.
Il Padrone era comodo. L’amaca umana da sensazioni diverse da quella di tela. Si sente il morbido del corpo altrui sotto le natiche.
Il ventre di una persona è un posto comodo sul quale sedersi.
Andrea e Marta, nella loro esigenza di sottomissione, entrambi avevano un rapporto particolare col dolore.
Non era solo masochismo, il piacere nella sofferenza. Ciò che li eccitava era il potere dei Padroni di generare a loro dolore a piacimento, per comodità o divertimento.
Era una forte prova di sottomissione, consegnare non solo sé stessi per il servizio ma anche il proprio dolore.
Ad esso si aggiungeva la consegna del proprio piacere, avendo rinunciato a poter decidere se provare l’orgasmo o meno, rimettendo ogni decisione ad altri.
Il dolore è particolare, sia per chi lo prova sia, come nel caso di Marta, per chi vi deve assistere inerme ma, anzi, destinata a servire colui genera sofferenza al marito.
Entrambi lo vivevano come conferma (sempre che ce ne fosse bisogno) del loro stato, delle esigenze della loro anima che necessitava la totale appartenenza ad altri, per ogni aspetto,
avendo rinunciato a disporre di sé.
Di tutte queste sensazioni ed emozioni, una volta a casa, tra loro ne avrebbero parlato. Andrea e Marta avevano deciso di condividere questi loro bisogni e di viverli insieme. Si sentivano ancor più uniti, come se avessero fatto l’amore tra loro.
Questa era la loro sessualità, l’avevano conosciuta, approfondita ed accettata.
Parlavano sia della quantità di dolore sofferto, sia delle sensazioni nel vedere il marito (o la moglie) usato in quel modo. Questo alimentava la loro sottomissione e li univa nella condivisione di quell’aspetto dell’anima che, tra loro due soli, non avrebbero potuto far respirare.
Specularmente accadeva la stessa cosa tra i Padroni.
Toccò a Marta preparare il marito che era andato a stendersi sulla schiena nel prato tra due alberi.
Gli mise le imbragature alle braccia fino alle spalle da una parte, e alle gambe fino al bacino dall’altra, acquistate apposta per quell’utilizzo che i Padroni avevano dato modo di gradire moltissimo.
Enrico trovava eccitante vedere la bella Marta che preparava il marito per i momenti di dolore che lo aspettava, complice involontaria del suo carnefice e carnefice essa stessa perchè, pur
sottomessa, provava eccitazione all’uso cui era destinato il marito.
Lui sapeva che lei provava piacere per la sua sottomissione e che tra le cosce si stava preparando per l’uso che ne avrebbe fatto il Padrone.
Negli anelli alle cavigliere fece passare due corde che andavano in una carrucola appesa ad un ramo alto che, azionata, sollevò da terra il marito.
Stessa operazione alle polsiere, nelle quali fece passare due corde che, a mezzo della carrucola posta sul ramo di altra pianta, le consentì di sollevare il marito da terra che, a questo punto, formava una sorta di amaca umana.
Già questa posizione era dolorosa per lo schiavo e la moglie si sentiva bagnata tra le gambe.
Particolare la situazione in cui lei stessa deve “preparare” il marito al piacere altrui, causandogli sofferenza.
In un atto solo la sottomissione di entrambi.
Come al solito in quei momenti, avrebbe voluto baciarlo anche solo per condividere
l’eccitazione ma, sapeva, non potevano tra loro avere contatti non autorizzati e, pertanto,
proseguì nella sua funzione di carnefice e vittima allo stesso tempo.
Il marito, invece, era più concentrato sul dolore e su ciò che lo attendeva mentre, comunque, sentiva quella particolare situazione alla bocca dello stomaco.
Enrico, ad operazione conclusa, decise di attendere la fine dell’articolo prima di andarsi a sedere sull’amaca umana.
L’attesa genera ulteriore tensione nello schiavo che, accanto a sé, inginocchiata, vedeva la moglie spettatrice del suo dolore e della sua umiliazione, umiliata anch’essa per la condanna a dovere assistere, eccitata per la sua sorte.
Il Padrone andò finalmente a sedersi sull’amaca interrompendo così l’ansia dell’attesa per qualcosa che veniva solo ritardato.
Si sedette sul ventre e appoggiò la schiena alle gambe dello schiavo poste più in alto per fungere anche da spalliera e fece passare le gambe ai lati della testa tra questa e le braccia, in modo che le ginocchia coincidessero con la spalla, avendo così i piedi penzoloni.
Lo schiavo cominciò a lamentarsi.
Il Padrone era comodo. L’amaca umana da sensazioni diverse da quella di tela. Si sente il morbido del corpo altrui sotto le natiche.
Il ventre di una persona è un posto comodo sul quale sedersi.
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