Moglie e marito al servizio del Padrone (parte 1)

Scritto da , il 2021-06-24, genere dominazione

ENRICO e LIA ***

Il laconico messaggio arrivò sul cellulare di entrambi i coniugi mentre erano a tavola, la sera di mercoledì.
“Sabato alle 15. Niente sesso”.
Andrea e Marta erano sposati da pochi anni. Erano una bella coppia quasi trentenne e si amavano moltissimo. Avevano però la medesima sessualità, provando piacere nella sottomissione. Avevano così deciso di divenire schiavi di altra coppia con esigenze di dominio.
Avevano conosciuto ed apprezzato Enrico e Lia, una coppia di ultra cinquantenni ed a loro si erano sottomessi già da qualche anno.
Il rapporto era cresciuto e si era consolidato negli anni andando verso una sottomissione sempre più forte ed assorbente, per entrambe le coppie.
Decidevano i Padroni quando averli a disposizione e per quanto tempo. Mandavano un messaggio indicando luogo e ora e gli schiavi dovevano essere a disposizione.
A volte li convocavano entrambi, altre volte uno solo dei due, anche per servire uno solo dei Padroni.
Era una forma di dominio, anche a distanza, che creava sempre quel filo di tensione in tutti. Per i Padroni, che sapevano di poter disporre di due schiavi a piacimento in ogni istante, a testimonianza del possesso che è formato da mille colori ed altrettante sfumature.
Specularmente era per gli schiavi, i quali sapevano che, nella loro intima quotidianità, i Padroni avrebbero potuto convocarli dando solo il tempo minimo per organizzarsi.
Era un filo che univa pur nella mancata frequentazione, che lascia sempre accesa la fiammella della passione e del desiderio, pronta a divampare con un semplice sms.
Vi è poi il controllo nel comando. Avevano anche il divieto di avere rapporti sessuali fino al momento dell’incontro.
Non era sempre così. In tal caso, eccitati per quanto sarebbe accaduto, spesso Andrea Marta facevano l’amore, anticipando il piacere e proiettandolo al momento futuro.
I Padroni sapevano che la chiamata avrebbe provocato una sorta di eccitazione negli schiavi e, a volte, volevano che questa non si scaricasse ma si accumulasse.
Il divieto è comunque una forma di controllo laddove si sa che genera ulteriormente il desiderio che, però, non può essere soddisfatto e, così, si crea ancora maggiore aspettativa.
Già quella sera iniziò la “tensione” nei due giovani.
A letto si amarono nel modo a loro consentito, condividendo il calore dei corpi negli abbracci che, però, avevano l’effetto di riscaldare il sangue.
Il Padrone li attendeva in giardino.
Gli schiavi, prima di entrare in casa, spensero i cellulari in quanto, a differenza dei Padroni, avrebbero dovuto isolarsi da ogni contatto con il resto della loro realtà.
Entrarono in casa avendo da tempo le chiavi, attesa la fiducia creatasi nelle due coppie.
Si spogliarono e lo raggiunsero carponi.
Non vi era nemmeno più bisogno di specificare questa circostanza, in quanto gli schiavi sapevano che davanti ai Padroni quella era la loro posizione.
Giunti ai piedi di Enrico restarono in attesa dell’ordine.
Il Padrone li lasciò fronte a terra qualche minuto.
Gli piaceva tenere quei giovani prostrati davanti a lui.
Generare l’ansia dell’attesa e far sentire che non ci si cura della loro presenza (in un rapporto “normale” non si lascerebbe l’interlocutore senza attenzione) alimenta la differenza delle due posizioni, tra chi domina e chi, invece, è solo un servo il cui ruolo è quello di restare a disposizione.
Finito di leggere l’articolo, ripose il giornale e diede l’ordine: voleva l’amaca umana.
Era una cosa già sperimentata da tempo ed era molto dolorosa per lo schiavo.
Marta provava una sensazione strana. Da una parte partecipava al dolore che il marito avrebbe dovuto sopportare. Dall’altra, però, era indice del potere che i Padroni avevano su di loro, trattandoli quali oggetti. Quindi viveva un subbuglio e, alla fine, prevaleva l’umido tra le cosce.
Lo stesso valeva per lo schiavo, combattuto tra ciò che lo stava aspettando e ciò che questo rappresentava, cioè il suo uso quale mero oggetto per la sola comodità di chi lo possedeva, incurante di quanto a lui sarebbe costato il benessere del Padrone.
Nemmeno lo lasciava indifferente il fatto di subire questo davanti alla moglie, che avrebbe dovuto in qualche modo servire il Padrone mentre lui soffriva moltissimo.
Essere umiliati davanti al consorte alimentava in entrambi il senso di sottomissione e la condivisione della stessa sorte li univa maggiormente nel far loro vivere quel lato della sessualità che avevano in comune.


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