Cameriere in estate 6 – La Sig.ra Luisa mi fa la festa

Scritto da , il 2021-08-27, genere prime esperienze

Sesto capitolo della mia prima stagione da cameriere. Siamo nel 1976 in Liguria, e sono un ragazzino piuttosto imbranato che sta scoprendo i piaceri del sesso. Sono racconti legati ad esperienze di vita vissuta e romanzati dalla mia fantasia. I luoghi ed i nomi dei protagonisti potrebbero non essere tutti corrispondenti per ovvi motivi di privacy. Capire ciò che è reale e ciò che è fantasia, lo lascio all’interpretazione del lettore.

Prima di leggere questo capitolo consiglio la lettura dei capitoli precedenti altrimenti si fa fatica a comprenderne la trama.


La mattina, dopo colazione, i tedeschi partono.
Vado a salutarli mentre stanno uscendo dal parcheggio dell’albergo, mi vedono e fermano la loro Mercedes.
Scendono, e con Nina ci abbracciamo, fortunatamente si controlla e non va oltre il lecito perché ci sono altri clienti e dipendenti che ci guardano, con Michael una semplice stretta di mano.
Mi giro verso Milly, ci eravamo già salutati un paio d’ore prima, mi butta le braccia al collo e mi stringe, si scioglie dall’abbraccio con due semplici baci sulle guance.
Ha gli occhi un po’ lucidi, ci siamo scambiati indirizzi e numeri di telefono e le ho promesso che, non so quando, ma sarei andato a trovarla a Berlino (promessa mantenuta 20 anni dopo, ma questa è un’altra bella storia).

Dopo le colazioni chiedo al maître se posso avere il resto della giornata libera, per fortuna me la concede senza problemi, sono già 10 giorni che non stacco e ne ho diritto.
I tedeschi sono appena partiti e, sono sicuro, che la Sig.ra Luisa non perderà tempo per rompermi i coglioni, ho bisogno di riposare e tirare il fiato.
Vado dritto in spiaggia, alle 10 e mezza sono già col mio asciugamano steso sulla sabbia, mi ci butto sopra e prendo sonno di botto, sotto il sole.

Mi sveglio perché sento gli schiamazzi di un paio di cretini che stanno litigando per non so cosa, guardo l’orologio e mi rendo conto che ho dormito per quasi due ore, per fortuna la lite tra quei due mi ha svegliato, altrimenti mi scottavo, il sole batte forte e già sento la pelle che tira.
Vado al bar sulla spiaggia e mi faccio un toast con una Coca, mi metto all’ombra e mi godo lo spettacolo del via vai di tutte le ragazze che vanno a farsi la doccia vicino il bar, sfilano per mettere in mostra il nuovo due pezzi.
Non mi annoio di certo, a parte qualcuna inguardabile, c’è una moltitudine di pseudo modelle sculettanti che fanno venire pensieri laidi anche a un prete.

Salvo arriva puntuale al termine del servizio, verso le 14:30, mi vede seduto al bar e mi si siede vicino.
“Come stai? Sei sopravvissuto alla sorella tedesca?” chiede.
Gli faccio un breve riassunto, non scendo in particolari, non ho bisogno di vantarmi con lui, non serve, mi conosce bene.
“Bene”, mi dice, “adesso buttati tutto alle spalle e pensa alla prossima, dovevi vedere la tua tardona bionda oggi a tavola, quando si è accorta che non eri in servizio”.
“Cioè? Cosa è successo?” chiedo incuriosito.
“Il suo tavolo non è nel mio rango, è in quello di Alfio, lo sai. Beh, mi è venuto a chiamare verso fine servizio perché la biondona doveva parlarmi”.
“E cosa voleva?”, chiedo.
“Non ci crederai. Lo sa che siamo amici e mi ha chiesto di te, perché non eri in servizio e se stasera ci fossi stato. Le ho risposto che non sapevo e che probabilmente eri di riposo”.
“Addirittura! Non avrei mai immaginato che fosse così interessata a me”.
“Mi è sembrata un po’ in ansia, mi ha detto che ha teme che tu non voglia più andare al suo tavolo e mi ha chiesto di dirti, se ti vedevo, di non preoccuparti per quello che ti ha detto l’altro giorno, che è perché era nervosa per altre cose e si vuole scusare con te”.
“Ma dai! Non ci posso credere”, sono davvero sbalordito.
“Ti giuro, parole testuali, io stesso sono rimasto a bocca aperta quando mi ha detto queste cose. Ma ci pensi? Una tigre del genere che chiede scusa, ma chi sei? Cosa fai alle donne?”.
Mi metto a ridere soddisfatto.
Salvo continua: “Sai cosa penso? Che la tua bella Sig.ra Luisa abbia paura che, adesso che sono partite le tedesche, tu ti vada ad impegolare con qualche altra cliente e lei perde l’occasione di farsi trombare da te”.
Lo guardo perplesso: “Si, scherza pure, ma se quella mi mette le mani addosso, sono convinto che mi strizza come un limone e mi spacca la schiena, altro che Nina”.
“Beh, a me non dispiacerebbe farmi strizzare da quella vacca, a letto deve essere una porca insaziabile”, risponde Salvo.
Ho bisogno del suo aiuto per fare una cosa: “Senti Salvo, anche stasera sono fuori servizio e mi dovresti fare una cortesia”.
“Dimmi pure” dice Salvo.
“A cena, torna dalla Sig.ra Luisa e digli che mi hai incontrato in spiaggia, digli che sono molto felice che non se la sia presa per l’altro giorno e che domani il suo sarà il primo tavolo al quale porterò da bere”.
“Bravo, stai diventando un bel figlio di puttana, riferirò”, risponde Salvo.

Come il solito, i consigli di Salvo sono sempre preziosi e l’amicizia che ormai ci lega è una delle cose più belle che ho da quando sono arrivato in Liguria.
Ci prendiamo il moscone ed andiamo un po’ al largo a nuotare, l’acqua è limpidissima e fredda, un toccasana per la mia schiena arrossata.
Passo il resto della giornata ad oziare, riposarmi e lavare un po’ di biancheria, la sera, sul tardi, esco con gli altri ragazzi e andiamo a farci una pizza.

La mattina dopo non sono alle colazioni, ma di corvè: lavaggio pavimento del ristorante, lucidatura argenti e posate, lavaggio cristalleria, ecc.
Riesco ad intravedere la Sig.ra Luisa da lontano, vedo che si guarda intorno come a cercare qualcuno, sicuramente non il marito penso, poi si siede e fa colazione.
Alle 12:30 apre il ristorante e la Sig.ra Luisa è tra le prime ad entrare, sulla scia degli stranieri, da sola, il marito non c’è.
Strano penso, di solito gli italiani non vengono a tavola prima dell’una e lei, col marito, difficilmente entrano prima dell’una e mezza.
Si dirige verso il suo tavolo e si guarda intorno, non mi ha ancora visto, vado verso di lei a passo veloce passando per dietro e, prima ancora che si sieda, arrivo alle sue spalle, scosto la sedia e la faccio accomodare.
Quando si accorge di me sussulta, è sorpresa e mi sorride ringraziando per la galanteria, leggo del sollievo nella sua espressione.
“Cosa posso portarle da bere, Signora?”, chiedo.
“Solo una San Pellegrino, grazie, e … non chiamarmi Signora, mi fa sentire vecchia, chiamami Luisa”.
“Va bene Luisa, grazie davvero per il privilegio, vado a prendere subito l’acqua”.
Ha ragione Salvo, sto diventando un figlio di puttana, ma il bello è che mi diverto un sacco ad esserlo.
Ritorno con una bottiglia d’acqua minerale bella fredda, la apro e ne verso un po’ nel bicchiere.
“Suo marito viene a tavola più tardi?”, chiedo.
“No, è partito stamattina ed è tornato a Torino, aveva del lavoro urgente in azienda, ma, comunque, torna domani in mattinata”, risponde.
Non vuole fami andare subito via: “Non ti ho visto tutto il giorno ieri, dove sei stato?”, chiede.
“Era da un po’ che non avevo il giorno libero e il maître mi ha lasciato fuori, sono stato in spiaggia e mi sono riposato”, rispondo a voce bassa, non voglio che i commensali vicini capiscano di cosa siamo parlando.
Anche lei abbassa la voce: “Ha, allora la tedeschina ti ha fatto stancare. Adesso va meglio?”.
La guardo sorridendo: “Luisa, come fa ad accorgersi di tutto ciò che le succede intorno?”.
Mi guarda con occhi compiaciuti: “Esperienza, mio caro, e spirito di osservazione”.
Altri clienti reclamano da bere e devo andare, col ginocchio mi sfiora la gamba: “Quando hai finito, torna qua che, forse, vorrò qualcos’altro da bere”.
Mi allontano e vado agli altri tavoli, ma durante tutto il servizio continuo a sbirciarla e mi accorgo che lei fa lo stesso con me, un gioco di sguardi appena accennati, a volte un po’ più lunghi, come se ci dovessimo controllare a vicenda.

La osservo meglio, è abbronzata e la pelle è lucida per l’olio dopo sole, questo mette in risalto la tonicità della pelle, non è flaccida e il fisico è parecchio giovanile. So che ha 51 anni, me lo ha detto il ragazzo che lavora al ricevimento, ma ne dimostra parecchi di meno, si vede che non ha mai lavorato in vita sua e passa molto tempo dall’estetista.
Indossa il solito pareo semitrasparente azzurro, degli zoccoli abbastanza alti e il costume che si intravede sotto, è un due pezzi giallo canarino.
I biondi capelli sono raccolti in una coda di cavallo e, a giudicare dalla lieve peluria che ho visto sulle braccia, deve essere bionda naturale.
Davvero una gran bella signora, ma ormai inizio a capire e ad interpretare le occhiate delle donne, quello di Luisa è da maiala, in assenza del marito, sarò la sua prossima preda, vedremo se sarà così oppure il contrario.
Chissà se anche le italiane si fanno fare il culo, penso.
Con questo tarlo in testa, prima della fine del servizio ritorno al suo tavolo, non è mia intenzione rendergli facile il compito, da lei ho già ricevuto una bella bastonata sui denti che mi fa ancora male, se proprio mi vuole, dovrà umiliarsi e fare il primo passo, anche se, per me, questo significa il rischio di andare in bianco.
Una donna del suo livello sociale che chiede, più o meno apertamente, di farsi scopare da un ragazzino come me, significa che si deve abbassare parecchio, tutto dipende da quanto si sta facendo comandare dalla passera.
Arrivo con passo veloce: “Eccomi Luisa, desidera qualcos’altro da bere?”.
“No, grazie, non adesso. Però più tardi, quando chiudete il ristorante, gradirei il servizio in camera. Puoi prendere tu la comanda e farlo? Vorrei una bella bottiglia di Mateus Rosé ghiacciato”.
Rimango un attimo perplesso, poi capisco il suo gioco.
“Non è un problema prendere la comanda, ma non sono io il cameriere che fa il servizio ai piani”, rispondo.
Voglio farla scoprire completamente, così non mi basta.
“E non puoi sostituirlo tu per questo servizio?” chiede.
“Non si potrebbe, ma se proprio insiste …”, rispondo.
“Insisto”, il tono è autoritario.
La guardo dritta negli occhi e non parlo, aspetto e la fisso.
Lei sostiene il mio sguardo, ma inizia ad intuire che non amo molto essere comandato a bacchetta.
L’espressione del viso si fa quasi implorante: “Ti prego, vieni tu”.
La sua mano sfiora la mia in una fugace carezza, la voce è bassa, poco più di un sussurro, ma a me basta.
Rispondo con tono professionale: “Va bene Luisa, sarà per me un piacere, appena chiudiamo il ristorante, vengo in camera sua con un secchiello del ghiaccio e un Mateus Rosé”.
“Grazie, e porta due bicchieri”, il suo tono è tornato più sicuro, ma ha perso l’autorità di prima.

Grazie ai consigli di Salvo ormai mi sono organizzato: ho sempre con me biancheria di ricambio e tutto l’occorrente per una doccia.
Poco prima che chiuda il ristornate porto al bar la bottiglia di vino e chiedo al ragazzo in servizio di tenermela custodita in frigo.
Scendo nel seminterrato dove si trovano gli alloggi dei lavapiatti e mi faccio una veloce doccia nei locali comuni per togliere l’odore del sudore.
Non ci sono finestre, il caldo stagnante e la puzza di chiuso e muffa sono tremendi, ma l’acqua fredda aiuta a sopportare.
Che schifo, come cavolo fanno a vivere qui sotto i lavapiatti? Sembrano le prigioni turche che ho visto in un film al cinema non molto tempo fa.

Esco dall’ascensore al 5° piano con un vassoio d’argento, secchiello del ghiaccio con dentro una bottiglia di Mateus Rosé e due bicchieri tulipano.
Arrivo davanti la camera 510 e busso, la porta è solo socchiusa e si apre.
Entro, mi rendo conto che non è una camera normale, è grandissima, una suite con salotto, divani e camera da letto separata. Da una enorme vetrata aperta entra una bella brezza fresca dal mare, dà su un grande terrazzo con un tavolo e due lettini prendisole, la vista sul porto turistico, il mare e le spiagge è mozzafiato, sono impressionato da tanto lusso.
Luisa è stesa sul divano, mi aspetta.
I capelli biondi sciolti sulle spalle, indossa una leggera vestaglia bianca che enfatizza la doratura della sua abbronzatura; è leggermente aperta sul davanti e il seno è parzialmente scoperto, non indossa reggiseno e si intravedono i capezzoli.
Le gambe sono pigramente allungate sui cuscini, le cosce in mostra.
Getta a terra la rivista che stava facendo finta di leggere.
“Metti pure il vino qui sul tavolino e stappalo, per piacere”, dice, “Versane un calice anche per te”.
Eseguo.
Si alza e si avvicina, prende il suo bicchiere e mi porge l’altro, ne bevo un bel sorso, è buono, fresco e leggermente aromatizzato.
Senza parlare e guardandomi negli occhi, Luisa sbottona il giacchino da cameriere e me lo toglie.
Sono movimenti volutamente lenti, controllati, continua nella sua opera di svestizione, inizia a sbottonare la camicia e mi toglie il papillon.
Io resto in piedi senza muovermi, come in trance, il fascino di questa donna è tremendo, riesce a farmi eccitare solo col suo profumo.
Gira intorno e mi arriva dietro, le sue mani si infilano sotto la camicia, accarezzano il petto, giocano con i peli, fa scorrere i polpastrelli sugli addominali, avvicina la sua bocca all’orecchio e sussurra.
“Lo sai vero cosa voglio da te”, la sua mano è arrivata a palpare il mio sedere e piano piano arriva davanti, sulla patta.
“Credo d’averlo capito”, rispondo sottovoce.
Mi torna in mente il tarlo di un’ora prima: chissà se le italiane si fanno fare il culo. Scaccio il pensiero.
I suoi polpastrelli sono sui miei capezzoli, li tormenta, mi gira dolcemente e se ne mette uno in bocca, lo lecca piano, con la punta della lingua e poi si dedica a quell’altro.
Cerco di risvegliami da quel piacevole torpore e, dopo essermi tolto la camicia, le prendo il volto tra le mani, mi avvicino piano alle sue labbra e inizio a leccargliele delicatamente, la sua bocca si schiude in attesa di qualcosa di più, la sento gemere, le sue mani mi prendono per i fianchi e mi stringe a sé, infilo la lingua in bocca e lei l’accoglie con un sospiro.
È un bacio profondo, le lingue si cercano e si trovano, si stacca e poi, di nuovo, cerca la mia lingua, la trova e la succhia, assapora con voluttà la mia saliva, io gliela infilo ancora tra i denti e il bacio diventa furioso.
Sento le sue mani che cercano il mio sesso, strusciano sopra la stoffa dei pantaloni e trovano un’erezione prepotente.
Ormai non ci sono più barriere sociali e d’età, si siede sul divano e armeggia con la zip dei pantaloni, mi fa scendere di colpo brache e mutande, l’asta sbatte sulla sua guancia, la prende con una mano e la guarda, sembra estasiata: “Finalmente un cazzo vero”, la sento sussurrare.
La fermo: “Aspetta, non ancora” le dico.
La rialzo, finisco di togliermi anche scarpe e calzini, sono completamente nudo davanti di lei.
Si allontana di un passo e mi squadra, gli occhi brillano, le sue labbra iniziano a tremare.
Le torno vicino e sfilo la vestaglia, è uno spettacolo per gli occhi, ha un corpo splendido, tonico, che farebbe invidia a molte trentenni.
Metto le mani sui seni e li impasto un po’, sono abbondanti, ancora sodi e i capezzoli duri e dritti, le aureole larghe e scure invitano ad attaccarsi e succhiare.
Lo faccio e la sento gemere, succhio e lecco delicatamente.
“Più forte, fammi male” mi dice.
Stringo più forte, mi metto con la bocca a turno prima su uno e poi sull’altro, mordo e succhio, non forte, ma abbastanza da farle lanciare un gridolino di approvazione, con l’altra mano tormento con decisione il capezzolo del seno rimasto libero.
Lei mi stringe la testa contro di sé e perdiamo l’equilibrio, cadiamo sul divano, gli sono sopra e continuo a leccare, scendo verso il ventre, infilo la lingua nell’ombelico e lei si mette a ridere, scendo ancora e, contemporaneamente, allungo le braccia e con le mani continuo a stringere forte le tette.
Arrivo dove inizia la peluria, è folta sulla vagina, ma ben depilata intorno.
È bionda naturale e i peli ricci sono chiari, quasi rossicci, gocce di umore già li bagnano e il profumo è inebriante, profumo di donna e di sesso.
Tuffo la lingua dentro, lecco in profondità, voglio assaporare bene il suo piacere, me ne riempio la bocca e poi la mia attenziona va al clitoride, è incredibilmente grande, sembra davvero un piccolo pene, lo prendo tra le labbra e imito le movenze di un pompino.
Luisa geme sempre di più, si contorce e muove il bacino su e giù, alza le ginocchia, allarga le gambe più che può e mi spinge la faccia sulla vagina.
La sua voce è quasi roca: “Ancora, continua a leccare, sei un porco, mi stai facendo godere, dai, fammi venire, voglio goderti in bocca”.
Continuo e infilo di colpo tre dita dentro la figa, fino in fondo, inizio a pompare forte, lei grida, alzo gli occhi e vedo che quasi rovescia i suoi all’indietro: “Vengo, vengoooo, haaaaa, bevi tutto, beviiiii”.
La bocca mi si riempie dei suoi umori, lei è sconquassata da fremiti incontrollati, continua a stringermi la testa contro la vagina, stringe anche le gambe, quasi mi toglie il respiro.
Riesco a divincolarmi dalla sua stretta, ma non voglio dargli tregua, prendo un cuscino del divano e glielo metto sotto la schiena, faccio come ho imparato da Nina, appoggio i palmi delle mani dietro le sue cosce e spingo, mi ritrovo davanti il viso figa e culo.
“Cosa vuoi fare?”, chiede allarmata.
“Una cosa che mi ha insegnato la tedesca” rispondo.
Inizio a leccare il culo, passo con la lingua dalla vagina allo sfintere dove infilo la punta della lingua, anche quello ce l’ha profumato e la spingo più in fondo che posso.
“Nessuno me lo ha mai fatto, nessuno mi aveva ancora leccato il culo” dice.
“Ti piace?”, chiedo.
“Siiiii, tanto, continua, non fermarti”.

Mi rendo conto che non ha mai scopato di culo, ha il buco parecchio stretto e riesco ad infilare solo poco più della punta della lingua.
Non credo sia il caso di chiederglielo, se, alla sua età non l’ha ancora mai fatto, è difficile che me lo conceda.
Luisa si sta godendo il trattamento orale e non smette di gemere, ma nel frattempo il mio pene si è rilassato.
Mi rendo conto che sono io a condurre il gioco e che a lei piace molto, ma adesso voglio anch’io un po’ di piacere.
Mi rialzo, prendo il cuscino che aveva sotto la schiena e glielo posiziono sotto la nuca, mi metto sopra di lei appoggiandomi al bracciolo del divano e, senza tanti riguardi, la costringo ad aprire la bocca stringendole le guance, infilo il cazzo dentro, è un po’ molle, ma la scopo in bocca.
Lei si lascia fare e accetta tutto, il pene torna duro quasi subito e rallento il ritmo, ma vado più in fondo, fin quasi a toccargli la gola, vedo che strabuzza gli occhi ed esco un attimo per farla respirare, continuo nella mia azione, rivoli di saliva le escono ai lati della bocca, continuo con più calma, lei si rilassa ed inizia a leccare accompagnando i miei movimenti, è una scopata in bocca incredibile, con lei che mi artiglia i glutei e mi impone il ritmo.

Mi stacca, riprende fiato: “Ti voglio dentro, ti prego, riempimi tutta…voglio essere la tua troia”.
Non avrei mai immaginato di sentire certe espressioni uscire dalla bocca di una signora dell’alta borghesia, tanto signora in pubblico e tanto puttana a letto, ma tant’è, meglio approfittarne e godersela tutta, dialoghi inclusi.
La rimetto in piedi, mi è davanti, ma voglio giocare ancora un po’ e vedere quanto porca riesce ad essere.
Le metto la mano destra in mezzo le gambe e infilo il medio in vagina, lei mi guarda e geme, fa quasi fatica a reggersi sulle gambe e si appoggia alla mia spalla.
“Cosa vuoi fare adesso? Ti voglio dentro, ti prego”, mi supplica.
Non rispondo e tolgo il dito, è bagnatissimo dei suoi umori, glielo infilo in bocca, lei cerca di evitarlo quasi schifata, ma subito avvicino anche la mia bocca e lo spingo dentro con la mia lingua.
Diventa un bacio erotico, con le lingue alla ricerca del dito, ci stacchiamo e mi guarda con occhi torbidi, poi mi prende la mano e si infila in bocca il dito, lo succhia come fosse il cazzo.
“Quanto sei porco” sussurra.
La situazione è parecchio eccitante, ce l’ho durissimo, la giro e la faccio inginocchiare sul divano, la voglio prendere da dietro, le sue mani sono appoggiate allo schienale del divano, la afferro per i fianchi, le alzo il sedere e spingo un po’ giù la schiena. Posizione doggy perfetta.
Appoggio il glande sulla vagina e muovo l’asta su e giù per farlo lubrificare per bene, la sento gemere, non voglio farle male con un colpo secco, ma entro lo stesso in un solo colpo prolungato, entro come un coltello entra nel burro, è quasi stretta, ma la quantità dei suoi umori è un magnifico lubrificante.
“Haaah! Sei un porco, un bastardo. Mi arrivi fino in fondo, mi riempi tutta, che bello. Sbattimi, sbattimi forte, fammi male!”.
Non me lo faccio ripetere ed inizio a stantuffare, mantenendo però un ritmo volutamente controllato, sono molto eccitato e il glande è piuttosto sensibile, rischio di venire subito.
Pompo per un po’, Luisa geme e mugola che la sentono anche in spiaggia, ma adesso è lei che vuole prendere l’iniziativa, mi fa uscire e mi trascina in camera da letto, mi spinge e mi fa cadere di schiena sul materasso, si butta sopra di me, si mette a cavalcioni e con la destra dirige il pene, si impala di colpo lanciando un grido.
Inizia una cavalcata forsennata, lei con le mani appoggiate sul mio petto, la testa indietro e il respiro ritmato da continui gemiti.
“Così mi piace farmi montare, così, lo voglio sentire tutto fino in fondo, voglio sentirmi troia”, riesce a dire, tra un gemito e l’altro.
Le mie mani stringono forte i suoi seni, non resisto più e con un lungo sospiro vengo di colpo, inarco la schiena e la inondo dentro.
Si ferma e gode del getto caldo che sente, ma poi mi guarda con aria interrogativa.
“Non preoccuparti” le dico, “continua a cavalcare che il tuo torello riprende vita”.
Luisa riprende la sua danza forsennata, il pene ritorna rapidamente in piena erezione, sembra un’invasata e continua ad avere un orgasmo dietro l’altro, ho tutto il ventre bagnato dei suoi umori.
La fermo dopo un po’ e le dico di girarsi con la schiena al contrario.
“Voglio che mi cavalchi girata, così posso guardare il buco del tuo culo mentre mi scopi”, le spiego.
“Sei un porco, per caso, la tedesca l’hai sodomizzata?”, chiede.
“Cosa vuol dire? Non so cosa significhi”, rispondo.
“L’hai scopata in culo?”.
“Ha, vuol dire quello? Certo, ma non lei, la sorella sposata”.
“Cosaaa? Le hai scopate tutte e due?”.
“Sicuro, già che c’ero ne ho approfittato”, rispondo.
“Sei giovane e già un porco bastardo”, dice.
“E con la soddisfazione di aver già chiavato in culo”, rispondo.
“Io non l’ho mai fatto”, mi dice, “Ho tentato una volta da sola col vibratore, ma fa troppo male, perciò vedi di non fare il cretino con me”.
“Non preoccuparti, non te lo chiedo neppure, ma vorrei provare almeno con un dito, se ti dà fastidio me lo dici e lo tolgo”.
Mi guarda sospettosa.
“Vedrai che ti piacerà”, le dico.
“Va bene, ma se non mi piace lo togli subito”.
Si gira di schiena, riprende in mano l’asta e di nuovo se la infila dentro di colpo, riprendendo la monta appena interrotta.
Gli spingo la schiena un po’ in avanti, vedo il buchetto, è bello chiaro e perfettamente depilato, sicuramente l’estetista è passata anche da quelle parti.
Mi insalivo per bene il pollice destro, non ce l’ho grosso, ma particolarmente lungo ed è più agevole per quello che voglio fare.
Appoggio il polpastrello sullo sfintere e lascio che sia lei con i suoi movimenti ad infilarselo dentro, quasi non se ne accorge: “E’ dentro tutto”, le dico.
“Si, lo sento, ma non mi dà fastidio” risponde gemendo.
Ne approfitto, lo spingo dentro più che posso e lo faccio un po’ roteare.
Luisa alza la testa, butta i capelli indietro ed inizia quasi a ululare, geme e gode come una pazza, si ferma di colpo piantandosi dentro al massimo cazzo e pollice, ha una lunga scossa, un grido smorzato esce dalla sua gola.
È un lago, dal bacino mi scendono rivoli liquidi, corrono lungo i fianchi e vanno ad inzuppare il lenzuolo. Tolgo il pollice e cazzo, la faccio girare di nuovo verso di me, è ancora a cavalcioni e seduta sulla mia pancia, vorrebbe stendersi e riprendere fiato, ma ancora non glielo permetto, la faccio rimanere in ginocchio sul letto e mi spingo in giù, finché la mia bocca viene a trovarsi all’altezza della vagina, la artiglio per i fianchi e ci affondo la faccia, lei non se lo aspettava, mi prende la testa e se la schiaccia contro, io lecco e succhio come un’idrovora, Luisa grida e si dimena, ma non lascia la mia testa, in breve ha un altro violento orgasmo che mi riempie la bocca, i suoi umori sono un po’ densi, li ingoio, il sapore è buonissimo, quanto amo il succo di figa, penso.
Sfinita Luisa si stende sopra di me: “Che scopata, era da tanto che non scopavo così bene. Tu sei un toro da monta che non si stanca mai, dovrei portarti a Torino con me”.
Si struscia e arriva con la coscia sopra il cazzo, mi guarda quasi incredula.
“Ma è ancora durissimo, tu non sei ancora venuto!”.
Appunto, non sono ancora venuto e ce l’ho ancora duro.
Mi sfilo da sotto di lei e mi metto seduto con la schiena appoggiata alla testiera del letto, mi guardo il pollice perché in punta è un po’ sporco, lo pulisco sul lenzuolo e le dico di farmi venire con un pompino.
“Ha, e da quando hai iniziato a dare ordini?”.
Rispondo cattivo: “Da quando hai voluto farti sfondare la figa da un ragazzino che ha trent’anni meno di te, troia”, la prendo per la testa e di forza la spingo sul cazzo.
Non pone resistenza, avevo già capito che, a letto, è così che le piace.
“Non venirmi in bocca, mi fa schifo”, mi supplica.
“E invece te la voglio riempire di sborra la bocca, se la tieni sulla lingua un po’ e l’assapori, scoprirai che ha il gusto del vino che abbiamo bevuto prima, vedrai che ti piacerà”.
Le tengo la testa e impongo un ritmo veloce, alternando rallentamenti ed affondi in gola, inizia a produrre tanta saliva.
La stacco e continuo con la mano, lei apre la bocca e tira fuori la lingua, aspetta il getto che, puntualmente, arriva con un mio profondo sospiro.
Le spingo di forza la testa in giù e finisco di venirgli in gola, lei mi guarda, sembra schifata, ma non sputa niente, tiene lo sperma in bocca e sembra gustarlo, poi la vedo deglutire.
“Sei un porco”, dice, pulendosi la bocca col palmo della mano.
“E tu sei una troia”, rispondo.
“Pensavo che il sapore della sborra fosse peggio, fa un po’ schifo ingoiarla, ma si può sopportare. Però è un po’ salata, e non sa di Mateus Rosé come mi avevi detto”.
“Forse perché ne ho bevuto poco, ma le due sorelle tedesche, dopo un pompino, riuscivano a capire cosa avevo bevuto”.
Si avvicina e si fa tutta miele e coccole, mi si adagia al fianco: “Lo sai che il tuo dito nel mio culetto mi ha fatto andare fuori di testa?”.
“Allora sei pronta per fartelo sverginare”.
“Lo vorresti fare tu?”.
“Mi piacerebbe, ma quando? Domani mattina torna tuo marito e, ormai, oggi mi hai strizzato per bene, difficile che riprenda vita per un pezzo”.
“Cazzo, è vero, lui poi è parecchio geloso e non mi lascia un attimo. Devi per forza venirmi a trovare a Torino.”
Siamo a posto, penso, già devo andare a Berlino, adesso ho un invito anche per Torino.
“Vedremo finita la stagione se, prima di tornare a casa, riesco a prendermi un paio di giorni per venire a trovarti.”
“Prima mi è sembrato d’aver annusato un odore non proprio gradevole, ero io?”, chiede.
Annuisco: “Anche con la tedesca mi è successo e mi ha detto che è nella norma, che prima del rapporto anale bisognerebbe pulirsi bene dentro, altrimenti è un casino.”
“Se vieni a trovarmi a Torino, ti garantisco che mi troverai pronta per te. Sarai delicato? Non mi farai male, vero?”.
“Farò piano e sarò delicato, non preoccuparti. Adesso però fatti cambiare le lenzuola, altrimenti tuo marito, domani, mangia la foglia”.
“Tutte queste cose le hai imparate dalle tedesche?”.
“Leggo molto e loro hanno contribuito alla mia formazione”, rispondo scherzando, “ma anche tu mi hai insegnato un mucchio di cose oggi”.
Si mette a ridere, ci rialziamo, bevo un altro abbondante bicchiere di Rosé e mi rivesto. Ho giusto il tempo per andare agli alloggi per una bella doccia e fare due chiacchiere con Salvo.

Continua

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