Storie di una brava bambina -4

Scritto da , il 2020-07-19, genere incesti

Quarta parte

La notte nel garage era stata bellissima. Non avevo mai goduto tanto nella mia vita. Vivevo in uno stato di estasi perenne: pensavo e ripensavo a quella sera, alle sensazioni che avevo provato e che avrei voluto riprovare. Guardavo mio zio con sguardo da ragazzina innamorata, ci scambiavamo occhiate eloquenti, ci sfioravamo, toccavamo all’insaputa di tutti gli altri.
Ma io volevo di più. Sapevo che dovevamo stare attenti, ma io desideravo ardentemente averlo dentro di me.

Una sera eravamo tutti in salotto a guardare un film. Io ne approfittai per sedermi accanto a lui: le nostre gambe e le nostre braccia si sfioravano, lui di tanto in tanto mi toccava il seno da sopra la maglietta ed io ricambiavo accarezzandogli l’interno coscia. Tutto in rigoroso silenzio per non farci scoprire.
A poco a poco tutti andarono a letto. Rimanemmo soli. Cominciammo allora a baciarci con foga, io mi tolsi la maglietta e gli offrii la vista del mio seno, che lui prese a stuzzicare subito. Potevo sentire il suo sesso indurirsi sotto i pantaloni; io ero già bagnatissima. Non ci pensai due volte e tolsi anche i pantaloncini.
La mano di lui andò subito alle mutandine, le scostò e prese ad accarezzarmi piano. Io gli tirai fuori il membro, lo presi dolcemente tra le mani, poi avvicinai la bocca e cominciai a succhiarlo. Ne avevo un grande desiderio. E lui più di me perché venne dopo pochi minuti. Questa volta ingoiai tutto il suo seme: lo accolsi tra le mie labbra come se fosse stato miele. Intanto mio zio non aveva smesso di toccarmi.
“Ti voglio” mormorai trattenendo i gemiti. “Ti voglio dentro… voglio sentirti dentro. Ti prego, prendimi”.
“No, non possiamo…”
“Ti prego, zietto” continuai, ma lui continuò a masturbarmi fino a farmi venire.
Avevo goduto, eppure mi sentivo insoddisfatta. Mi andavano bene i nostri incontri fugaci, le toccatine, ma io volevo di più. Volevo mi penetrasse, che mi facesse sentire finalmente donna.
Mi misi a cavalcioni e ripresi a baciarlo sulle labbra e sul collo.
“Perché non vuoi?”chiesi. “Non devi preoccuparti, non sono più vergine”.
Lui mi fissò accigliato.
“E con chi l’hai fatto? Quando?” mi domandò. Ero sorpresa: non pensavo ci tenesse così tanto.
“Un compagno di classe, durante una gita” risposi con un’alzata di spalle. “Non devi arrabbiarti. Fu tutto così squallido… e lui nemmeno mi piaceva! Non è come con te. Non ho mai goduto come con te”.
“Avrei voluto essere io il primo per te… avrei voluto prenderti, farti godere”.
“Ma lo fai!” dissi con enfasi. “Tu sei il primo, gli altri non contano! Prendimi, continua a farmi godere”.
Andai avanti a pregarlo ancora per un po’. Lo rassicurai che lo desideravo, desideravo il suo grosso membro dentro di me. Era ormai il mio unico pensiero. Lui parve convincersi.
Ci lasciammo con la promessa che l’indomani avremmo goduto come non mai.

Il giorno dopo arrivò in fretta ed io ero eccitatissima. Mio zio finse un malore per restare tranquillo a casa, io invece andai al mare con il resto della famiglia ma, dopo qualche ora, dissi che sarei tornata a casa perché avevo preso troppo sole.
Corsi a perdifiato per strada e quando rincasai sentivo le gambe tremare e il sesso pulsare di eccitazione. Mio zio era lì che m’aspettava, ma non era più così convinto come il giorno prima.
Cominciai a parlargli per convincerlo; poi urlai; poi mi tolsi tutti i vestiti e restai nuda tentando di eccitarlo con la sola vista. La cosa funzionò perché vidi un certo rigonfiamento nei pantaloni. Gli presi la mano e la portai alla mia fighetta bagnata.
“Guarda come ti desidero” dissi. “Perché me lo neghi? Io ti voglio…”
Il desiderio mi faceva impazzire. Mi avventai su di lui: gli slacciai la cintura, gli tolsi i pantaloni e lo spinsi sul letto. Lui non opponeva alcuna resistenza, ma allo stesso tempo non prendeva alcuna iniziativa. Così decisi di farlo io.
“Voglio il tuo bel cazzo… voglio che me lo sbatti tutto dentro” mormorai, poi mi lasciai scivolare sul suo membro. Ero così bagnata che entrò senza alcuna difficoltà. Rimasi ferma qualche secondo per assaporare tutto il piacere, poi presi a cavalcarlo. Avevo immaginato molte volte quel momento, come muovervi e cosa dire, ma mai avrei saputo immaginare quanto piacere fosse capace di donarmi il sesso duro di mio zio.
“Oh sì, sì…” gemevo. Sapevo che dovevo stare attenta, ma non riuscivo a trattenermi.
Mio zio si risvegliò dal torpore, mi afferrò le natiche e cambiò le nostre posizioni. Ora mi trovavo supina, lui era sopra di me: continuava a penetrarmi con sempre maggiore foga mentre con le mani mi teneva le gambe.
“Dimmi che ti piace” mormorava. “Dimmi che ne vuoi ancora”.
“Mi piace, ne voglio… ancora. Ne voglio ancora, ancora… ne voglio di più, sempre di più”.
Ero ormai incapace di pensare ad altro. Le spinte facevano cigolare il letto. Ogni colpo era per me una scarica di piacere: non vedevo l’ora di giungere all’orgasmo, ma allo stesso tempo desideravo che non avesse mai fine.
“Sto per venire…” dissi. Intanto gemevo sempre più forte. “Continua… non ti fermare, ti prego. Oh sì, sì… sì, oooh sì”.
Venni stringendo i lembi delle lenzuola, tra i gemiti, mentre mio zio dava gli ultimi colpi alla mia fighetta bagnata di umori. Gli chiesi se poteva venire nella mia bocca, lui accettò. Bevvi ancora il suo nettare.
Mi sentivo felice e spossata. Potevo sentire il mio sesso chiederne ancora. Mio zio si accasciò al mio fianco, sfinito. Io gli guardavo il membro ormai moscio. Ora che era mio, ora che l’avevo avuto dentro di me e sapevo quanto piacere poteva donarmi non ne avrei fatto più a meno.
Mi avvinghiai a lui e gli baciai il mento.
“Ti amo, zietto caro” dissi.
Lui mi strinse forte e i nostri sessi tornarono a sfiorarsi.

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