Storie di una brava bambina -3
Scritto da LuceS, il 2020-07-11, genere incesti
Terza parte
Quello che era accaduto sugli scogli era un punto di non ritorno. Tornammo indietro senza dire una parola. Ancora una volta non ci furono sguardi né battute.
Se mio zio pareva essersene pentito, io al contrario avevo sperimentato qualcosa di cui difficilmente avrei fatto a meno. Mi era piaciuto, e non avevo vergogna ad ammetterlo.
Volevo di più, volevo che mi toccasse, mi facesse gemere come una gattina in calore. La nostra parentela non aveva valore ai miei occhi: c’eravamo solo io e il mio desiderio.
Una volta a casa lui continuò a fare finta di nulla, ma io decisi che avrei fatto di tutto per attirare la sua attenzione. Cominciai a stargli dietro, a sfiorarlo casualmente con il seno o con le natiche, gli rivolgevo piccoli sorrisetti maliziosi. Di tanto in tanto – quando sapevo che mia zia non fosse in casa – passavo davanti alla sua camera in mutandine o decidevo sotto al pigiama di non indossare alcun tipo di biancheria. Accanto a lui, sul divano o a tavola, i miei capezzoli diventavano turgidi e ben visibili sotto la maglietta; mi ingegnavo per assumere pose particolari che, non casualmente, dovevano rendere visibili una parte di natica o di pube. Mia nonna un paio di volte mi lanciò un’occhiata indagatoria, ma non disse nulla, mia zia invece pareva non essersi accorta di niente.
Mi comportavo come una Lolita e mai avrei scommesso di esserne capace, ma il desiderio di poter replicare quanto era accaduto pochi giorni prima mi riempiva di una sfrontatezza che credevo di non avere. Sapevo che mio zio si era accorto dei miei tentativi – un po’ infantili, un po’ ridicoli – di eccitarlo, ma manteneva salda la sua noncuranza. Eppure ero certa che non sarebbe durata molto.
Una sera, approfittando di una festa in paese, uscimmo tutti insieme ed io sfruttai l’occasione per parlargli. Avevo appositamente indossato una gonna leggera, che un venticello ogni tanto alzava, lasciando intravedere qualcosa più del dovuto, e una magliettina. Non indossavo biancheria.
“Perché non mi dici più nulla?” domandai a bassa voce. Eravamo un po’ più indietro rispetto agli altri.
“Cosa dovrei dirti?”
“Se ti è piaciuto cosa è successo sugli scogli, per esempio” risposi. Lui sbuffò.
“Non dovremmo parlarne” disse infastidito.
“E perché no?” sbottai. Mi sentivo ferita. “Se vuoi saperlo, a me è piaciuto. E pure tanto. Non mi ero mai toccata così davanti ad un uomo e voglio rifarlo… voglio rifarlo con te”.
“Non è possibile, Lu…”. La nostra conversazione fu interrotta bruscamente dall’arrivo di uno dei miei cugini. Io ero così arrabbiata, così delusa che inventai una scusa e tornai a casa. Mi gettai sul mio lettino e cominciai a piangere. Volevo dimenticare, volevo passare le mie serate estive divertendomi, scopando con ragazzi sconosciuti e invece era sola e piangevo perché volevo intraprendere una relazione torbida con mio zio. Forse davvero qualcosa in me non andava. Mi sentivo orribile e sporca.
I miei parenti tornarono qualche ora dopo, li sentii parlare e mettersi a letto. Io non riuscivo a prendere sonno, continuavo a girarmi e rigirarmi. Poi, intorno alle due di notte, mi arrivò un messaggio. Era mio zio. Per poco non mi venne un colpo. Mi chiedeva di raggiungerlo nel garage. Mi alzai di scatto – per fortuna non mi ero svestita. Non potevo passare per la porta principale perché mi avrebbero sicuramente sentito, allora andai in bagno e uscii dalla finestra. Atterrai con un balzello, feci il giro delle siepi e arrivai alla porta del garage. La aprii e me la richiusi alle spalle. Vidi mio zio lì, in piedi, appoggiato alla vecchia auto di mio nonno. Nessuno la usava, se non i miei cugini per gioco ogni tanto. Gli andai incontro e lo abbracciai, lui mi baciò sui capelli. Ero piccola e minuta rispetto a lui, parevo davvero una bambina.
“E’ piaciuto molto anche a me” disse. “Volevo dirtelo subito, ma mi sentivo in colpa… sei una ragazzina, Lu, sei mia nipote!”
“Non mi importa” dissi cocciuta. Salimmo in auto e ci sistemammo sui sedili posteriori. Erano un po’ polverosi, ma puliti. Non ci pensai due volte e mi tolsi subito gli abiti: volevo che mi guardasse. E lui lo fece con grande avidità.
“Sei bellissima, bellissima” mormorò. Si svestì anche lui.
Rimanemmo nudi e abbracciati per qualche minuto, mentre io gli parlavo con enfasi del turbamento che mi aveva provocato, di come mi ero sentita, di come volevo farlo ancora. Volevo rivedere il suo membro in erezione, dritto e grosso, volevo sentire ancora il suo sperma caldo sulla mia piccola fessura. Il mio racconto lo accese, il membro diventò in breve duro. Lo accarezzai piano, partendo dalla punta. Lui si irrigidì ed io mi bloccai.
“Ho sbagliato?” domandai.
“No, no continua” mi rispose. Lo presi allora con entrambe le mani, dolcemente. Mi piaceva sentirlo tra le dita: era grosso, duro e rugoso. Era il cazzo di uomo, non era quello di un ragazzino foruncoloso. Mi sentivo eccitatissima. Cominciai a muovere la mano lungo il membro, prima piano, poi sempre più veloce. Lui gemeva ed io mi sentivo potente, una vera piccola troietta. Senza nemmeno pensarci mi accovacciai tra le sue gambe, mi spostai i capelli lunghi da una parte e presi a succhiargli i testicoli. Mio zio mi accarezzava il capo con dolcezza e mi incitava a continuare. Sapevo che gli stava piacendo. Passai la lingua sulla punta del membro, inumidito dagli umori e dalla mia saliva, diedi qualche bacio e infine lo presi in bocca. Non era abituata a quella grandezza, così andavo per gradi, ne prendevo poco per volta.
“oh Lu… continua, non ti fermare” gemeva mio zio. Stava godendo ed io con lui. Per un attimo pensai che sarei potuta venire anche senza toccarmi.
Continuai a prenderlo in bocca fino a quando mi allontanò da lui, qualche secondo prima di venire. Eiaculò sul tessuto grigio del seggiolino. Io risi e pensai che la macchia non sarebbe più andata via. Mi gettai di nuovo tra le sue braccia.
“La prossima volta non farlo, voglio ingoiare. Voglio sentire il tuo sapore” dissi con decisione. Il suo membro si stava sgonfiando.
“Sei davvero spudorata” disse, dandomi un altro bacio sui capelli. “ma sei anche bellissima. Non riesco a smettere di guardarti… i seni, il sederino e il sesso bianco e bagnato”.
“Non smettere, continua a guardarmi. Mi piace” risposi con sincerità. Non era solo sesso, era altro. Sentivo che c’era altro.
Lui uscì dall’auto e mi fece segno di seguirlo. La luce fioca illuminava a stento i nostri due corpi nudi ed eccitati. Lo seguii obbediente. Una volta fuori dall’auto mi prese in braccio come una bambolina ed io avvinghiai le gambe al suo busto, poggiando il capo nell’incavo del suo collo. Potevo sentire il suo odore: un odore di maschio che aveva goduto. Mi poggiò su un tavolino e si sciolse dal mio abbraccio; poi spinse poco il mio busto per farlo aderire alla parete, allargò bene le mie gambe e prese a guardarmi voglioso. Capii che era giunto il mio momento per godere. Con la mano toccò le mie grandi labbra, ormai gonfie di eccitazione. Le sue dita si bagnarono dei miei umori appiccicosi.
“Sei bagnatissima” notò con piacere. “Come fai ad eccitarti così?”
Non feci in tempo a rispondere perché cominciò a leccarmi il clitoride. Emisi un piccolo urletto. Nessuno mi aveva mai praticato del sesso orale, ero sorpresa ed eccitata allo stesso tempo. La lingua di mio zio sapeva come muoversi, i suoi movimenti erano a tratti lenti e a tratti veloci, circolari e decisi. Credevo di impazzire, non avevo mai goduto così. Gemevo senza ritegno, così lui fu costretto a tapparmi la bocca con una mano; ma io la spostai e la portai ad uno dei seni, chiedendogli silenziosamente di toccarlo. Lui lo fece.
“E’ bellissima” mormorò, staccandosi per un attimo. “Sembra quella di una bambolina… bianca, senza peli”. Io replicai il mio disappunto con un gemito infastidito e con la mano lo invitai a continuare.
Mio zio riprese a leccarmi con ancora più foga. La mia fighetta era ormai così gonfia che sembrava sul punto di scoppiare. Io sentivo che l’orgasmo – un orgasmo potente – stava per arrivare. Non aspettai a lungo: con un gemito inarcai la schiena e il mio pube aderì ancora di più alla lingua di mio zio, poi cominciai a tremare e la vagina a contrarsi.
Quell’orgasmo violento mi aveva lasciato stremata, ma riuscii con il dito a prendere un po’ del nettare abbondante che fuoriusciva dal mio sesso. Lo porsi a mio zio.
“Voglio che senta il mio sapore” dissi. Lui leccò il dito e assaggiò la mia secrezione.
Tornai ad avvinghiarmi a lui e a poggiare il capo sul suo petto.
“Sono la tua bambolina” dissi. “Sono tua, tutta tua”. Lui mi accarezzò una guancia e mi baciò piano sulla fronte. “Non è solo sesso, vero?” continuai. “Tu mi vuoi bene, vero?”.
Avrei voluto dire altro. Avrei voluto trovare le parole giuste per dire quello che provavo, ma non ci riuscii.
Quello che era accaduto sugli scogli era un punto di non ritorno. Tornammo indietro senza dire una parola. Ancora una volta non ci furono sguardi né battute.
Se mio zio pareva essersene pentito, io al contrario avevo sperimentato qualcosa di cui difficilmente avrei fatto a meno. Mi era piaciuto, e non avevo vergogna ad ammetterlo.
Volevo di più, volevo che mi toccasse, mi facesse gemere come una gattina in calore. La nostra parentela non aveva valore ai miei occhi: c’eravamo solo io e il mio desiderio.
Una volta a casa lui continuò a fare finta di nulla, ma io decisi che avrei fatto di tutto per attirare la sua attenzione. Cominciai a stargli dietro, a sfiorarlo casualmente con il seno o con le natiche, gli rivolgevo piccoli sorrisetti maliziosi. Di tanto in tanto – quando sapevo che mia zia non fosse in casa – passavo davanti alla sua camera in mutandine o decidevo sotto al pigiama di non indossare alcun tipo di biancheria. Accanto a lui, sul divano o a tavola, i miei capezzoli diventavano turgidi e ben visibili sotto la maglietta; mi ingegnavo per assumere pose particolari che, non casualmente, dovevano rendere visibili una parte di natica o di pube. Mia nonna un paio di volte mi lanciò un’occhiata indagatoria, ma non disse nulla, mia zia invece pareva non essersi accorta di niente.
Mi comportavo come una Lolita e mai avrei scommesso di esserne capace, ma il desiderio di poter replicare quanto era accaduto pochi giorni prima mi riempiva di una sfrontatezza che credevo di non avere. Sapevo che mio zio si era accorto dei miei tentativi – un po’ infantili, un po’ ridicoli – di eccitarlo, ma manteneva salda la sua noncuranza. Eppure ero certa che non sarebbe durata molto.
Una sera, approfittando di una festa in paese, uscimmo tutti insieme ed io sfruttai l’occasione per parlargli. Avevo appositamente indossato una gonna leggera, che un venticello ogni tanto alzava, lasciando intravedere qualcosa più del dovuto, e una magliettina. Non indossavo biancheria.
“Perché non mi dici più nulla?” domandai a bassa voce. Eravamo un po’ più indietro rispetto agli altri.
“Cosa dovrei dirti?”
“Se ti è piaciuto cosa è successo sugli scogli, per esempio” risposi. Lui sbuffò.
“Non dovremmo parlarne” disse infastidito.
“E perché no?” sbottai. Mi sentivo ferita. “Se vuoi saperlo, a me è piaciuto. E pure tanto. Non mi ero mai toccata così davanti ad un uomo e voglio rifarlo… voglio rifarlo con te”.
“Non è possibile, Lu…”. La nostra conversazione fu interrotta bruscamente dall’arrivo di uno dei miei cugini. Io ero così arrabbiata, così delusa che inventai una scusa e tornai a casa. Mi gettai sul mio lettino e cominciai a piangere. Volevo dimenticare, volevo passare le mie serate estive divertendomi, scopando con ragazzi sconosciuti e invece era sola e piangevo perché volevo intraprendere una relazione torbida con mio zio. Forse davvero qualcosa in me non andava. Mi sentivo orribile e sporca.
I miei parenti tornarono qualche ora dopo, li sentii parlare e mettersi a letto. Io non riuscivo a prendere sonno, continuavo a girarmi e rigirarmi. Poi, intorno alle due di notte, mi arrivò un messaggio. Era mio zio. Per poco non mi venne un colpo. Mi chiedeva di raggiungerlo nel garage. Mi alzai di scatto – per fortuna non mi ero svestita. Non potevo passare per la porta principale perché mi avrebbero sicuramente sentito, allora andai in bagno e uscii dalla finestra. Atterrai con un balzello, feci il giro delle siepi e arrivai alla porta del garage. La aprii e me la richiusi alle spalle. Vidi mio zio lì, in piedi, appoggiato alla vecchia auto di mio nonno. Nessuno la usava, se non i miei cugini per gioco ogni tanto. Gli andai incontro e lo abbracciai, lui mi baciò sui capelli. Ero piccola e minuta rispetto a lui, parevo davvero una bambina.
“E’ piaciuto molto anche a me” disse. “Volevo dirtelo subito, ma mi sentivo in colpa… sei una ragazzina, Lu, sei mia nipote!”
“Non mi importa” dissi cocciuta. Salimmo in auto e ci sistemammo sui sedili posteriori. Erano un po’ polverosi, ma puliti. Non ci pensai due volte e mi tolsi subito gli abiti: volevo che mi guardasse. E lui lo fece con grande avidità.
“Sei bellissima, bellissima” mormorò. Si svestì anche lui.
Rimanemmo nudi e abbracciati per qualche minuto, mentre io gli parlavo con enfasi del turbamento che mi aveva provocato, di come mi ero sentita, di come volevo farlo ancora. Volevo rivedere il suo membro in erezione, dritto e grosso, volevo sentire ancora il suo sperma caldo sulla mia piccola fessura. Il mio racconto lo accese, il membro diventò in breve duro. Lo accarezzai piano, partendo dalla punta. Lui si irrigidì ed io mi bloccai.
“Ho sbagliato?” domandai.
“No, no continua” mi rispose. Lo presi allora con entrambe le mani, dolcemente. Mi piaceva sentirlo tra le dita: era grosso, duro e rugoso. Era il cazzo di uomo, non era quello di un ragazzino foruncoloso. Mi sentivo eccitatissima. Cominciai a muovere la mano lungo il membro, prima piano, poi sempre più veloce. Lui gemeva ed io mi sentivo potente, una vera piccola troietta. Senza nemmeno pensarci mi accovacciai tra le sue gambe, mi spostai i capelli lunghi da una parte e presi a succhiargli i testicoli. Mio zio mi accarezzava il capo con dolcezza e mi incitava a continuare. Sapevo che gli stava piacendo. Passai la lingua sulla punta del membro, inumidito dagli umori e dalla mia saliva, diedi qualche bacio e infine lo presi in bocca. Non era abituata a quella grandezza, così andavo per gradi, ne prendevo poco per volta.
“oh Lu… continua, non ti fermare” gemeva mio zio. Stava godendo ed io con lui. Per un attimo pensai che sarei potuta venire anche senza toccarmi.
Continuai a prenderlo in bocca fino a quando mi allontanò da lui, qualche secondo prima di venire. Eiaculò sul tessuto grigio del seggiolino. Io risi e pensai che la macchia non sarebbe più andata via. Mi gettai di nuovo tra le sue braccia.
“La prossima volta non farlo, voglio ingoiare. Voglio sentire il tuo sapore” dissi con decisione. Il suo membro si stava sgonfiando.
“Sei davvero spudorata” disse, dandomi un altro bacio sui capelli. “ma sei anche bellissima. Non riesco a smettere di guardarti… i seni, il sederino e il sesso bianco e bagnato”.
“Non smettere, continua a guardarmi. Mi piace” risposi con sincerità. Non era solo sesso, era altro. Sentivo che c’era altro.
Lui uscì dall’auto e mi fece segno di seguirlo. La luce fioca illuminava a stento i nostri due corpi nudi ed eccitati. Lo seguii obbediente. Una volta fuori dall’auto mi prese in braccio come una bambolina ed io avvinghiai le gambe al suo busto, poggiando il capo nell’incavo del suo collo. Potevo sentire il suo odore: un odore di maschio che aveva goduto. Mi poggiò su un tavolino e si sciolse dal mio abbraccio; poi spinse poco il mio busto per farlo aderire alla parete, allargò bene le mie gambe e prese a guardarmi voglioso. Capii che era giunto il mio momento per godere. Con la mano toccò le mie grandi labbra, ormai gonfie di eccitazione. Le sue dita si bagnarono dei miei umori appiccicosi.
“Sei bagnatissima” notò con piacere. “Come fai ad eccitarti così?”
Non feci in tempo a rispondere perché cominciò a leccarmi il clitoride. Emisi un piccolo urletto. Nessuno mi aveva mai praticato del sesso orale, ero sorpresa ed eccitata allo stesso tempo. La lingua di mio zio sapeva come muoversi, i suoi movimenti erano a tratti lenti e a tratti veloci, circolari e decisi. Credevo di impazzire, non avevo mai goduto così. Gemevo senza ritegno, così lui fu costretto a tapparmi la bocca con una mano; ma io la spostai e la portai ad uno dei seni, chiedendogli silenziosamente di toccarlo. Lui lo fece.
“E’ bellissima” mormorò, staccandosi per un attimo. “Sembra quella di una bambolina… bianca, senza peli”. Io replicai il mio disappunto con un gemito infastidito e con la mano lo invitai a continuare.
Mio zio riprese a leccarmi con ancora più foga. La mia fighetta era ormai così gonfia che sembrava sul punto di scoppiare. Io sentivo che l’orgasmo – un orgasmo potente – stava per arrivare. Non aspettai a lungo: con un gemito inarcai la schiena e il mio pube aderì ancora di più alla lingua di mio zio, poi cominciai a tremare e la vagina a contrarsi.
Quell’orgasmo violento mi aveva lasciato stremata, ma riuscii con il dito a prendere un po’ del nettare abbondante che fuoriusciva dal mio sesso. Lo porsi a mio zio.
“Voglio che senta il mio sapore” dissi. Lui leccò il dito e assaggiò la mia secrezione.
Tornai ad avvinghiarmi a lui e a poggiare il capo sul suo petto.
“Sono la tua bambolina” dissi. “Sono tua, tutta tua”. Lui mi accarezzò una guancia e mi baciò piano sulla fronte. “Non è solo sesso, vero?” continuai. “Tu mi vuoi bene, vero?”.
Avrei voluto dire altro. Avrei voluto trovare le parole giuste per dire quello che provavo, ma non ci riuscii.
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