Paolo cap XIII Il rito: La comunione

Scritto da , il 2020-05-09, genere orge

“Piccolo puttanello, degno novizio-chierichetto di questa confraternita, andiamo all’altare per procedere nella funzione religiosa.
Amici, dopo la confessione e l’effettuazione della pena e della sua espiazione … proseguiamo con le preghiere. Il nostro pretino ora si accosterà … potrà vivere il momento della comunione. Egli mangerà, assumerà per via orale e anale il seme di coloro che offriranno di più per la tunichetta e la camicetta, che ora gli sfileremo. I suoi testi passeranno a raccogliere le aggiudicazioni e accompagneranno all’altare gli aggiudicatari per il proseguo della cerimonia.”
Paoletta, riconosciuto il sacerdote, iniziò a fremere e ad emozionarsi. Il suo uccellino pigolava, piangeva, saltando, ondeggiando, mentre il suo culetto battuto, frustato, arrossato … piangeva umori caldi, trasparenti, vischiosi. … e preso per un braccio il novizio …
“Confratelli, ecco il nostro seminarista postulante: lui consegnerà la sua tonaca, la camicetta, a chi vorrà, per primo, donargli le sue secrezioni per la sua prima comunione in questo consesso orgiastico, in cui il culto del membro è la nostra vita. Vi ricordo che le spese per questa manifestazione sacra sono ingenti, per cui … chi le vuole sia generoso. I testimoni raccoglieranno le offerte.
Ecco le sue vesti che abbandonerà per riceverne di diverse … tessute, intrecciate, ordite con trame delle nostre secrezioni, … delle nostre essenze. Sono intrise dei liquidi dell’accettazione e quindi preziose.
Tu, Paoletta, ti senti di proseguire, … vuoi accostarti e prendere in te il cibo che ti verrà donato?”
“Sì, lo voglio!”
“Allora, mia carissima ragazzina, vieni e adagiati supina, in verticale su questo altare, riservato espressamente per questa celebrazione. Con la testa sporgente per facilitare l’inserimento orale e l’ano, privo di difese e peluria, … adeguatamente esposto … o.k. … ora sei pronta a ricevere; … il tuo culetto, ben istoriato, è caldo, … freme, palpita e boccheggia; … spande umori, è coperto solo dei profumi della tua accettazione. Già ansi e boccheggi come pochi. Vi descriverò, confratelli, quello che vedo, poiché la musica, le note sonore del concerto erotico che la piccola suonerà, le potrete ascoltare voi tutti. Il nostro germano Giovanni, senatore e ministro della nostra Repubblica, che ha acquisito la tonaca, darà inizio a questa parte di rito con la sodomizzazione, mentre Riccardo, figlio di un arcivescovo della Romana Chiesa, che ha ottenuto la camicetta, lo seguirà appresso con il coito orale.
Ecco, amici, il Senatore! Non sta male per attributi ed è già in forte tensione. Non voglio toccarglielo, poiché temo che mi erompa fra le mani. Glielo accompagno solamente all’imboccatura del grinzoso, roseo, fresco, umido fiore, … che palpita, boccheggia, sbuffa per essere violato, colto, mangiato. Glielo sta sfiorando, strisciando, sfregando; vuole farglielo desiderare, bramare, chiedere … urlando -prendimi, inculami, fottimi, rompimi, … sono tuo-. Amici, quel buchetto sta piangendo secrezioni luminose e il nostro glielo fa spasimare
- “No amici, questo germoglio, appena apertosi alla vita, dal profumo di vaniglia, … sensuale, lascivo, concupiscente merita che lo veneri con la lingua, il naso, i denti. Schiuma, scalpita, frigge, trema, ribolle, mormora, sussurra. Non voglio, per ora, metterlo a tacere, a zittirsi. Bramo assaggiare le sue secrezioni, … che lente, quiete ma regolari, costanti, incessanti escono chiedendomi, implorandomi di sorbirle, degustarle. La mia lingua impazzisce per dei sapori freschi, giovanili, semplici; vuole spingersi all’interno per arrotare, limare, smerigliare, asportare umori che mi galvanizzano, stimolano, eccitano. Voglio scorgerlo, notarlo divincolarsi, contrarsi ondeggiando o inarcandosi per crollare sfinito, abbandonato, cedevole alla curiosità della mia lingua; e … poi al desiderio del mio membro. Ohhh sublime delizia data dagli dei ai mortali. Beato chi sa coglierla e goderne, … chi si appaga di queste prelibatezze, di queste primizie. Che omaggio ci è stato dato oggi. Ho preso la tua tunica e la voglio conservare come segno della tua bellezza. Non ho mai visto un ragazzo più bello, più desiderabile, più concupiscente, più … Sembri il figlio del sole, splendi e scaldi, emani bagliori e luccichii, mi stai dando … nuova vita.
Ecco, novello Adone … interrompo l’unione. Sei come quel dio, simbolo della natura, che nasce in primavera e muore a fine estate. No, non sarò compartecipe della distruzione della bellezza e della tua grazia! … Che cosa possiamo chiedere di più di quello che mi offre questa Paoletta? E’ la Primavera fatta persona. Voi avete mai visto un campo di tarassachi in fiore o di papaveri e fiordalisi in un campo di grano; una siepe di prunus in fiore o una coltivazione di peschi in fioritura; una riva di iris germanica o di narcisi; un insieme di anemoni in un bosco? Ohh, voi guardate i giardini curati all’italiana o all’inglese; ma io posso garantirvi che non c’è nulla di più bello, più splendente, di più profumato di un prato di montagna in piena fioritura: in esso vi trovate il profumo dell’umile viola, della margheritina, del tarassaco, del papavero di montagna, del mirto, del finocchietto, del dragoncello o dell’erba cipollina e dell’erba medica! Non essere ragazzo: fugace come l’anemone, leggiadro e fragile fiore, simbolo della brevità delle gioie dell’amore! Conservati e mantieni la tua spontaneità e la tua bellezza interiore! Ohhh, … desidero essere come quel parassita che sullo stelo dell’erba medica deposita il suo seme, avvolgendolo, dopo, in un grumo di schiuma bianca. Ohh … piccolo! Non fare la fine di quel dio; … che nessuno sia geloso di te; … vivi la tua primavera! Sul tuo roseo, palpitante, profumato anello depositerò la mia schiuma e la guarderò estasiato, incantato, rapito mentre scenderà verso il tuo coccige e poi, … dopo aver ammirato la mia opera sul tuo bellissimo stupendo fiore, con un dito te ne spingerò dentro un po’, in modo che il tuo popò possa partecipare alla comunione.
Padre reverendo, non avendo eseguito il mio incarico come lo statuto richiede, è lei a dover compiere e perfezionare la mia opera. Terrò con me il saio che profuma di lui e della sua accettazione ad entrare in questa società.
Scusami Riccardo se non hai ancora versato il tuo frutto nella sua bocca, ma avendo io scelto l’apertura nascosta, tu dovevi attendere: è il regolamento che lo contempla.”
“Io non so cosa aggiungere alle parole del Senatore, se non sostituirlo indegnamente nel compito che sono pronto ad eseguire.
Il frutto del fratello Giovanni mi farà da lubrificante, crema, panna per consacrarti, votarti all’ordine.
Guarda questo fallo, figliolo! E’ turgido, sodo, sano, possente. Il sangue pulsa e preme. E’ un ferro rovente, … sarà acciaio per il fodero che dovrà indossare, infilare. Sarai il suo burro, … ti scioglierà, … ti fonderà, … squaglierà il tuo desiderio sino a spossarti, sfinirti, illanguidirti per portarti nel paradiso dei sensi. Ti condurrò alla cerimonia nuziale, offrendoti prima la comunione, che tanto brami, per la via a me concessa.
Ecco, novello Ganimede, … sta annusandoti, fiutandoti per percepire, vedere, sentire il desiderio trasformato in calore. Ti sta baciando, strofinando, frizionando, strisciando, sfiorando per fartelo palpitare, pulsare, vibrare, fremere.”
Lui … si apre, boccheggia, piange. Lo vuole, … lo chiede con le sue note imploranti, … disperate di essere penetrato, … violato, … stuprato. Lo sta riconoscendo, … mi invita, … lo prende. Mi addentro, sei caldo, dolce, tanto umido. Sono dentro; ho oltrepassato la prima barriera e anche la successiva. Spingo e tu mi accogli centimetro dopo centimetro riempiendoti, saturandoti, farcendoti con il mio palo di carne bollente. Ti tengo per i fianchi, ti guardo negli occhi languidi per capire se posso permettere a Riccardo di dartelo. Mi ritraggo, … sgrani gli occhi, … implori, … lo riprendi stringendolo come a dirmi: non togliermelo, non rimuoverlo, … non estrarlo; e io, invece, incurante delle tue silenti suppliche, non ti ascolto. Torni a fissarmi sbalordito, disorientato, sgomento e incredulo, … forse sei in apnea da estasi di appagamento, … prendi il fallo di Riccardo per portartelo alle labbra cercando il mio consenso, che arriva muto, ma chiaro per la pressione e per la spinta violenta che ti do. Ricevo la risposta al colpo del giovane: ti impalo, ti penetro sino ai testicoli. Mi sfilo per rientrare violento, di brutto, quasi per stuprarti, lacerarti, romperti … restituendo così il favore a chi te lo ha inserito in bocca. Onduli, … ti fletti, … ti pieghi, … muto; si avvertono … si riconoscono i suoni degli organi che alternandosi si muovono dentro di te. Ti obbligo ad afferrarti, a ghermirti l’addome, … mentre con Riccardo scambio salive.
Ohhhh ragazzo ineffabile, straordinario, meraviglioso, unico … come partecipi alla lussuria, … alla lascivia, … alla depravazione, … come la desideri! Il tuo stomaco langue e sbuffa. Ora ci muoviamo tranquilli, pazienti, calmi, in modo quasi impercettibile. Il tuo corpo si abbandona, … no, … solleva di più le gambe per allacciarle sul mio collo. Mi vuoi dentro …; chiedi che riprendiamo a sbatterti, a colpirti, a scuoterti. Incuranti delle tue mute preghiere, con metodo e precisione ci alziamo e ci abbassiamo, avanti e indietro molto lentamente, premendo forte e sfregando i nostri organi sui tuoi rivestimenti per farceli poi avvolgere, fasciare, stringere, serrare.
Un rumore improvviso, preceduto da un fastidioso ululato, interruppe l’orgia. Il rumore si faceva più cupo e assordante. Il temporale aveva ripreso la sua forza.
Approfittando dello sgomento modifichiamo il movimento, dall’alternato al simultaneo, sincronizzato per strusciarci con maggior vigore. Entriamo assieme per notare il tuo corpo inarcarsi verso l’alto e ascoltare i nostri sciacK-sciacK in entrata e un eenzz continuo in uscita. Non vedo il tuo volto, perché coperto dai testicoli del mio concelebrante, ma da come me lo aspiri, risucchi e da come inghiotti, ingolli quello del mio dirimpettaio, stai …. Appoggio le mani sulle tue anche per guidarti: hai un sussulto. Ci fermiamo per riprendere a pomparti, sbatterti, fotterti. Il piacere diventa sempre più grande. La bestia che ci domina, guida, accompagna, eccitatasi ulteriormente, ci comanda di non risparmiarti, di spingere i nostri falli più addentro. Il contatto con le tue aperture è sconvolgente; l’orgasmo è vicino: possiamo soddisfare il tuo desiderio di imbrattarti, di riempirti, di farti ingerire, assumere, pasteggiare con il nostro sperma.
I tuoi versi ovattati, attutiti da quello che stai mungendo, sono mugolii, uggiolii, belati. Il piccolo riccioluto ciuffo bruno, che orna il tuo sesso, è intriso, zuppo, impregnato dei fluidi che pacati, tranquilli escono dalla tua uretra. Io e Riccardo ci inarchiamo, ci tendiamo; emettiamo, diffondiamo, urliamo i nostri -ohhhh …ohhhhhhnfff- mentre spandiamo, versando i nostri nettari dentro di te. Eiaculiamo come bestie, come maiali … sporcandoti, imbrattandoti, farcendoti, inondandoti del nostro sacro sperma. Tu, soddisfatto e appagato, ingurgiti quello del giovane e aspiri con il retto il mio.
Nella caverna le fiammelle illuminano appena volti sudati, glutei sbattuti, corpi che si sollevano e ricadono, accompagnati da grida, urla, … implorazioni di perseverare a sbattere, inculare, a prendere per fottere. A Don Roberto e a Riccardo si sostituirono, come da scaletta, i fratelli Alberto e Federico, il primo nonno del secondo; i quali, dopo i primi complimenti per la scelta e per la cerimonia a cui partecipavano, mostrarono le loro aste rigide, già oliate e lubrificate; i loro glandi rossi in attesa di essere strofinati, lisciati, scaldati.
“Paoletta, … -segnando- invertiamo le posizioni: il nonno nella bocca ed io nel tuo culo?”
“Noooooo, … mi sta bene come prima: a Don Roberto … tuo nonno, frate Alberto, e te, fratello Federico, a Riccardo. Prendetevi anche voi il piacere, ma non scordatevi di mandarmi fra le nuvole, di darmi il frutto delle vostre ghiandole inviandole, uno, nello stomaco e, l’altro, nell’intestino. Vieni frate Federico, presenta alle mie labbra il tuo salsicciotto, mentre tuo nonno, conoscendolo, vorrà prima salutare snervando, picchiando, umettando con la lingua il mio culetto, che odora, … cola sperma. Mandatemi in estasi. I vostri serpenti devono trovare una tana per scaldarsi, le vostre anguille del fango per nascondersi, i vostri pesci un riparo da nemici. La mia bocca e il mio culetto devono essere quelli che loro cercano: calore, fango, tana.”
“Ohhhh Paoletta, … nostra cara ragazzina, appena aperta alla vita, eccoti i doni che noi vogliamo porgerti. Schiudi le labbra, amica, ad un concelebrante di questo rito. E’ turgido, gonfio, rigido, piange e si dispera, alzandosi e dondolandosi. Ho fretta perché, anche il mio retto sta per essere occupato, invaso, conquistato da un altro serpente e mi sarebbe difficoltoso, dopo, dartelo per l’indeformabilità che lui avrà; non accetterà la minima deviazione dalla posizione che il mio ospite gli impone. Mi sarebbe molto doloroso, comunque a me non dispiace colpire e farmi mungere nel mentre ricevo e sono sbatacchiato, percosso, frullato, inculato. In simultanea, il piacere anale che diffonde, sprigiona continui, ripetuti tuoni da cui scaturiscono lampi che si propagano, che si espandono in tutto il corpo, lasciandoti basito, allibito, sconvolto senza fiato e del quale non puoi più farne a meno; e in bocca il gusto di succhiare, vellicare, gustare le incessanti emissioni di precum, … di cogliere, sentire la levigatezza di un glande serico, lucido, liscio … e di gioire di sapere che è la tua bocca che farà sgorgare, erompere il liquido spermatico a colui che la occupa. Ohhhh, fratello mio, con questo rito incestuoso per religiosità, io ti donerò il fluido vitale delle mie ghiandole per sancire la tua adesione a questa setta. Godi fratello mio, anche delle ondulazioni, dei sussulti, delle spinte della serpe che ospito, … che ho accolto. Percepirai quando entra per annidarsi e il momento del suo indietreggiare, non per paura, per rientrare mordendomi rabbiosa, violenta, arrabbiata, furiosa.”
“Mmmmhhhhh, … mmmmhhhhhhhhh, … ssssssssghhhh.” Erano i versi delle musiche vergate in nuovi righi musicali da Paoletta e dai partecipanti all’orgia. Una massa di corpi, un accumularsi di guaiti eccitati, di schiaffi, di graffi erano il piedistallo all’altare in cui la ragazzina andava a ricevere, a pigliare la comunione.
“Piccola, fresca, implume zoccola, … degna sorella di questa confraternita di lascivia, di dissolutezze e di libidini, … io esulto nell’assaporare le creme che Giovanni e il celebrante ti hanno lasciato. La mia gola le ingurgita come miele, … come ambrosia. Ho il viso e il naso unti di quella bevanda vischiosa, densa; nelle mie narici alberga il suo profumo inconfondibile, … unico. Il tuo culo vorrebbe sfuggire, allontanarsi dalla mia lingua, ma, nonostante gli inarcamenti, le oscillazioni, le contrazioni per impedirmi di rasparti, grattarti anche le ultime particelle di sperma, io ti obbligo, agguantandoti e ghermendoti, ad essere per la mia bocca una pietanza succulenta, … succosa.
Piccola puttanella è giunto il momento per il mio albero di sfondarti, sfasciarti, di demolire … rompere questo tuo culo. La postura che tieni ti impedirà ogni ribellione, ogni opposizione se non quella di stringerlo, strizzarlo, attanagliarlo con i tuoi muscoli. Piccola troietta ti sto obbligando ad aprirti, ad inghiottire il mio uccello; a lasciarti infilzare, trafiggere da tutta la lunghezza della mia arma e cavalcare, … cavalcare e sbattere.” Affondava, si immergeva in quella carne con forza, voluttà, ebbrezza carnale. Si accasciò su quel corpo in preda a violenti sussulti, … scatti cagionatigli dall’orgasmo.
Paolo sussultava, mugugnava contraendosi, per abbandonarsi dopo, all’arrivo di violentissimi schizzi bollenti, che scudisciavano, percuotevano le sue viscere uno dopo l’altro. Paralizzato da un nuovo orgasmo secco, dalla bocca completamente spalancata emergevano, si notavano liquidi lattiginosi fumanti.
Il celebrante osservava quel latteo, accaldato, giovane corpo, assente, … oscillare, fluttuare, rollare ancora in preda a convulsioni, contrazioni, mentre dal suo reto fluivano pacate bianche, schiumose creme.
“Paolo, … fratello, … mio sogno e incubo … appagato e in estasi carnale, … gioia e centro dell’orgia, alla quale hai dato origine … ti ringrazio della richiesta a cui stiamo dando soddisfazione e con me anche i confratelli, concelebranti il rito che lo statuto della nostra congregazione esige. Noto che trasalisci, ora, anche al semplice tocco delle loro mani, come se fossero tanti tentacoli-membri che bramano conoscerti, scivolando, ondeggiando sulla tua giovane carne. Ohhh … fratello mio, se il mondo che condanna il nostro comportamento potesse sapere quant’è bello osservare un giovinetto in preda alla brezza della lascivia più sfrenata, della libidine, della carnalità più animalesca, … quanti paesaggi in fiore in più ci sarebbero, … quanti sorrisi in più si incontrerebbero. Il cielo sarebbe più luminoso e il mondo … tanto migliore. Le mie mani ti accarezzano, … ti coccolano mentre tu mi osservi con occhi languidi, paghi, felici. Ti vedo contento, sereno. La festa è ancora lunga, … la messa … Ohhhhhhh, non voglio tediarti, non bramo bagnarti delle mie lacrime d’affetto, ma, mentre ti aiuto con una mano a spostarti sull’altare e dandoti dei baci casti sulla fronte, … sulle labbra, l’altra mia mano sparge, distende, spalma la bevanda degli dei che alcuni hanno voluto donarti. Ohhhh Paolo, … Paoletta mia, nuova vestale dell’omosessualità e della sessualità, Carmela è spinta e decisa a farti salire, di un nuovo gradino, la scala che conduce alla porta della conoscenza. Accogli prima i suoi sfiori di gratitudine, … restituiscili con altre effusioni e poi, quando salirà su questa tavola per consegnarti il frutto raccolto nel santo baccanale, usa la lingua per aprirle gli scrigni ripieni del raccolto a te riservato. Ohhhhh ragazzino, … sei una troietta in calore, eccitato per essere al centro di questa perversa orgia
Mi siedo qui con te sull’altare per stare allacciato, addossato, … per averti fra le braccia per emozionarmi e scaldarti e … mentre la mia sinistra ti sostiene stringendoti al petto per meglio entrare nei tuoi occhi, la destra scivolerà verso i glutei, facilitata dai doni che alcuni presenti ti hanno elargito, per vellicarli, coccolarli, cullarli e poi per strizzarli, pizzicarli, stringerli … indi aprirli per giocare, svagarsi con i fluidi densi che usciranno sgorgando tranquilli, lenti dal tuo dolce, caldo accesso, … tanto caro agli dei. Riposati un po’ sul mio corpo. Guardami piccolo, grande capolavoro della natura: i tuoi occhi sono stelle del cielo; i tuoi capelli mi stordiscono come i fiori di tiglio; le tue salive sono miele d’acacia per le mie papille. Da tanto ho desiderato questo nuovo incontro. Mai ti ho dimenticato e tu?” Delle dita della mano sinistra del ragazzino giocavano con i denti e con la lingua del primo precettore.
“Neanch’io Direttore. La signora mi ha soccorso e si è adoperata tantissimo per non farmi sentire la sua mancanza. Quante esperienze mi ha fatto vivere. Ohhhhhhh … Direttore, si ricorda la mia prima confessione, … e non sono trascorsi tanti giorni! Ora … il mio desiderio si sta avverando. Ho fatto altri sogni, … ma ora non ho tempo e non mi sembra questo il luogo e il momento per farglieli conoscere, …” rise
“Oh piccola peste, emulo di Antinoo, cosa vorresti dirmi? Sei nella casa di Nicola; ti stendi e giochi con lui; hai accettato e partecipi ai suoi giochi; frequenterai e terminerai il liceo a Torino, tenendo la residenza da loro. Solo in certi momenti posso fotterti, … posso gustarmi, saziarmi del tuo fisico e della tua generosità; ma non quando tu, avvistandomi, lo vuoi e lo desideri. Hai ridato la vita a Nicola e a te piace la sua compagnia. No, piccola ragazzina, anche noi, amanti di quello che la società chiama -le più aberranti depravazioni, ma che per noi sono virtù- rispettiamo la proprietà di chi è nostro fratello; e … tu sei suo. Un pensiero devo aggiungere ancora ed è quello che voglio e desidero darti, …e in questo momento lo posso fare: baciarti come tenero figlio, … come tuo amante e mio spasimante. Baciamoci senza pudore, … diamoci casti o peccaminosi baci, … che nostre lingue tornino ad intrecciarsi, … che le nostre bocche aspirino e suggano i nostri organi del gusto, come fossero capezzolini. Abbandoniamoci ancora ai baci. I tuoi occhi, … il tuo naso, … le tue labbra, … il tuo corpo, … i tuoi piedi, … ohh, sei tutto da baciare, leccare, lambire, sfiorare, mangiare di baci, e baci ancora; leccarti e umettarti con la lingua,
… ohh, quanto vorrei ritornare a quei momenti! … ti bacerei senza fretta, ma con passione, caldamente … con amore, partendo dai plastici, leggeri, agili piedi per risalire sino ai capelli, sfiorando pericolosamente le fonti del tuo piacere.
Ohh, quanto vorrei ritornare a quei momenti! Mi risolleverei per riempire la tua bocca di baci … e quando la tua eccitazione avrà raggiunto livelli molto alti, affonderei le labbra nella valle dell’Eden, per raggiungere piano piano il tuo orifizio magico.
Ohh, quanto vorrei ritornare a quei momenti! … Degusterei ogni momento delle tue vibrazioni, scorrendo fra il rado boschetto dorato e l’usignolo, quando il tuo corpo si inarcherà, tenderà sotto le umide frustate della mia lingua.
Ohh, quanto vorrei ritornare a quei momenti! … Quando poi il desiderio avrà preso la tua anima e il piacere sarà per te lancinante, … insostenibile, … ti prenderei piano piano e dolcemente, con movimenti lenti, ma sempre più profondi, … accelerando ogni tanto il ritmo per gustare il tuo smarrimento e rallentando per avere i tuoi sospiri, … i tuoi boccheggi e fermarmi per lunghi tratti con tutta la mia sciabola dentro di te, … dentro il tuo intestino.
Ohh, quanto vorrei ritornare a quei momenti! … Ascolterei i tuoi gemiti salire ogni volta che il piacere giunge al culmine e … per ricominciare portandoti in mondi sconosciuti. Infine quando non saprò più arginare il mio ardore, … un fiume di desiderio e di prodigi ti inonderà, riempendo il tuo corpo di dolci fremiti, … di dolci languori, … e di placidi, fluidi, caldi, profumati versamenti. Ohh, quanto vorrei ritornare a quei momenti!”
Le labbra si sfiorarono, si presero, si fermarono. Castamente si accarezzavano. Ora … Il tempo si era fermato. La lingua del ragazzo era fra le labbra del maestro. Scorreva su e giù. Era aspirata e gustata. Scivolava un po’ fuori per giocare con la punta. Piaceva e … l’altro rispondeva. Le loro lingue si sfiorarono di nuovo, … si avvicinarono e si allontanarono, danzando in difficili intrichi, riuscendo sempre a non annodarsi per ritrovarsi.
… dalle loro labbra assettate fluivano espiri dolci; ansimi umidi, struggenti di occhi supplichevoli; ohhh baci, … e baci. Le lingue si raggiunsero e sfiorarono per spostarsi ai denti e al loro interno; si presero per pulirsi e raschiarsi e, aspirate, per essere succhiate, poppate, spremute e dopo …Ohh subblimi baci, causa di insalivazioni da gustare, centellinare, godere e di addomi languidi per struggenti nuovi bisogni … voglie nascenti. Le lingue si cercarono, si tuffarono, si accarezzarono, si colpirono e si allontanarono; erano ballerine per comporre, … effondere musiche eterne. Baci con colpetti piccoli e veloci, alternati e lenti, profondi e superficiali. Baci, … baci e ancora baci. Dentro e fuori, … dentro. Mille baci e poi ancora baci.
“Ti accarezzo piccolo con la mia lingua. Le nostre salive si mischiano; diventano una sola. Sei nella mia bocca e io nella tua. I sensi stanno come sentinelle al suono dell’allarme. Possesso, … bisogno, … supplica. La mia lingua e la tua. Baci e ancora baci. Le nostre bocche colano; si avvicinano e si allontanano. Ci sorridiamo felici per esserci ritrovati. Fuoco, … le labbra bruciano. La saliva attenua il bruciore. Sei in me, mi cerchi e, dopo, mi respingi per riprendermi. Mi graffi, bruci, ti disseti di me e mi nutri.
Ohh piccolo tesoro, piccolo amore … ti … ohhhhhh, … Stai, … stai con Nicola; … con me, no! Non posso!”
Ricami bianco-opalescenti, luminosi, tiepidi, impudichi fluivano lenti sui corpi, donati loro da confratelli.
“Brevi attimi di riposo ci siamo concessi per godere dei nostri calori, del nostro contatto, delle nostre anime: concedimi piccolo virgulto di adagiarti, di prepararti per Carmela. Tu non ne vuoi sapere, ma lei ha escogitato una trama, che ti costringerà per avere quello che lei custodisce, di servirti della lingua, dandole in questo modo quel piacere, che tanto lei brama da te. Lei sa delle tue tendenze, ma vuole la tua lingua. Usala e falla godere. La sua vagina e il suo colon sono pieni, ingolfati di sperma, che ha raccolto per te, … per la tua veste.”
- “Sono colma, imbottita. Guardami. Le mie cosce, … le mie anche, … colo. Mi vuoi, … vuoi?”
Non rispose. Si staccò a malincuore dall’abbraccio, con il suo primo precettore, per stendersi e accettare l’offerta.
La farfalla aveva le ali chiuse, … sciupate, stropicciate, sgualcite, sbrindellate. Non poteva volare. Egli gli stuzzicava le zampine, ma niente. Quella si spostava leggermente, ma niente. Provò con un filo d’erba, …ohhhhhh; si schiusero leggermente, … anche le piccole. Allungò il filo sul dorso e quelle si scossero, rivelando ancora di più i segni delle vessazioni del tempo. Necessitava di essere presa, curata, assistita per farle riprendere il volo.
Le fiammelle che fiancheggiavano la sacra mensa aiutavano a distinguere la silhouette dorata, quasi aranciata dei due; mentre dalle tavole degli ospiti si notavano figure impegnate in una vasta gamma di atti sessuali. Era un mare di corpi che si muoveva e si rompeva per riprendersi e possedersi mentre l’alleluia, il canto passionale del sesso aumentava di intensità.
Il profumo di sperma ubriacò, rapì la mente del giovinetto eccitandolo, scuotendolo e spronandolo a cercare la bevanda amata. Leccava, mordeva, tirava, lucidava, spazzolava quelle labbra che da avvizzite, sfiorite, un po’ per volta si gonfiarono, si dilatarono riempendosi di sangue, e il sugo, che custodivano, principiava a colare spumoso, frizzante, vivace e gustoso. Gli impedimenti, i conati erano scomparsi, le resistenze svanite, … un abbandono e accettazione dell’altra sino a poche ore prima impensabile.
Improvvisamente Paolo, probabilmente persuaso dall’aroma o dall’essenza, rivide il suo atteggiamento nei confronti della Signora. La sua lingua si spingeva, ticchettava e discostava come se quella vagina fosse stata sua da sempre. Mordeva quelle labbra, brucava le creme, mentre il suo naso, quando poteva, picchiava o espirava violento l’aria dei polmoni al suo interno.
Lei, bagnata, sentiva il calore invadere il suo corpo, … le gambe tremare come non le succedeva da tempo. Percepiva la lingua calda leccare, spazzolare anche le secrezioni vaginali, … quelle che il suo sfintere, lambito più volte, perdeva; anzi la lingua lo penetrò varie volte senza difficoltà. Le mani del ragazzo, già educate e preparate, abilmente strizzavano, torcevano, tiravano, aprivano e accortamente affondavano in quei buchi. Le lingua esplorava ogni angolo di quella conchiglia, i denti stringevano e tiravano il clitoride, le mani entravano … l’orgasmo era inevitabile; … e fu esplosivo, intenso, sconvolgente, fortissimo, … La signora vibrava tutta protraendosi a lungo, poiché Paolo, man mano che la donna cedeva liquidi, raspava, puliva, nettava provocandole ulteriori sussulti, … sobbalzi, irrigidimenti e movimenti inconsulti.
Don Roberto aveva chiesto che l’attenzione di Nicola si posasse su quelle labbra, oscenamente tenute aperte e pressate, che spruzzavano, … schizzavano, … cospargevano il viso del ragazzo di sacri unguenti velati di bianco; e che, poi, sollevatesi si spingevano in avanti e ritornavano nella posizione iniziale per spargere, sparpagliare e spandere nuovamente.
Riversi sul piano, lei lo abbracciava e rideva, unita dal piacere che la avvolgeva. Un godimento forte e profondo, le parole si confondevano ai gemiti, i gesti del sesso a quelli dell’affetto. Si sentì svanire, mentre era afferrata dai brividi dell’orgasmo, assaporandolo fino all’ultimo istante.
“Qualche volta entrerò nel suo letto, Nicola, per goderlo con lei. La primavera piace a tutti e … anche a me. Venga, signor padre. E’ la festa del suo beniamino e anche Lei deve collaborare alla riuscita, anche se …”
“Lo so, Carmela mia, … lo so … e lui sa cosa gli darò.” Il celebrante osservava l’anziano docente, salito sull’altare, offrire al giovinetto, già in ginocchio e sostenuto dalla donna, la sua verga molliccia, floscia, svigorita e il piccolo a salutarla prendendola per odorarla, venerarla, portandosela da una gotta all’altra o da una pupilla all’altra, e bagnarla degli umori, di cui era avvolto; indi, sedutosi sui talloni, emozionato, commosso, avvinto, lasciato il membro amato, con gli occhi su quelli del venerato maestro, prese a lisciare, accarezzare, sfiorare toccando con i palmi o con i dorsi i punti sensibili che quello gli presentava. … e Nicola, per le carezze di polpastrelli o per i graffi che unghie gli procuravano, ansando o inspirando, schiudeva le cosce per avere al loro interno quelle mani maledette, curiose, serpeggianti, zigzaganti, striscianti. Il corpo rispondeva a quelle carezze d’amore e il piacere lo prese. Il membro si mosse iniziando a inturgidirsi, gonfiarsi e solo allora il ragazzo lo riprese per leccarlo, vellicarlo dalla radice alla sua piccola apertura, per averlo dopo ospite venerato tra palato e lingua. Nel succhiarlo rivolse lo sguardo avvinto, rapito al suo mentore.
“Desideri il mio vino, Paoletta?” ricevendone prima una risposta muta, ma affermativa dall’espressione intenerita, emozionata, struggente e poi “Sì, lo voglio!”
“Però lo devi gustare, sorseggiandolo e ingurgitandolo a piccoli sorsi con l’assaporarne il profumo e la spumeggiante, frizzante nebulizzazione che diffonde e sprigiona.” Piccoli moti, piccole oscillazioni della gola facevano comprendere il dare e l’ingurgitare della bevanda che l’uomo versava, … mesceva nella gola del ragazzo. Si fermarono. Le labbra si sfiorarono dolcemente. Si sorrisero.


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