Ilaria e la scommessa Azzurra: Italia-Belgio (Quarti)

Scritto da , il 2021-08-16, genere esibizionismo

Venerdì 2 luglio 2021

Erano trascorsi due anni, dall'ultima volta che Ilaria e Paolo avevano fatto le vacanze insieme al mare. Dopo gli accadimenti degli ultimi giorni, però, sembrava che piuttosto fosse passata una vita. Quelli del 2019 erano dei ragazzini ingenui, in confronto a ciò che i due cugini erano diventati in seguito alle loro scommesse. Il loro rapporto era cambiato: ora in spiaggia stavano quasi sempre insieme, si cercavano, si rubavano occhiate.
Lui dopo la vittoria con l'Austria aveva avuto il privilegio di vederla a seno nudo, e lei invece aveva ammirato il suo pene eccitato, seppur nascosto sotto le mutande. Ritrovarsi in costume, lì sulla sabbia, non avrebbe dunque dovuto innescare chissà quale meccanismo seduttivo. Eppure, per quanto cercassero di non darlo a vedere - non solo ai loro familiari, ma a loro stessi per primi - facevano entrambi fatica a staccarsi gli occhi di dosso.
Il rapporto, in ogni caso, era rimasto puramente platonico. Quasi come se le partite della Nazionale rappresentassero per loro un piccolo mondo parallelo, un'altra dimensione che permetteva loro di giocare e provocarsi. Al di fuori, anche per il contesto in cui stavano, si comportavano bene o male come normalissimi cugini, cercando di fuggire dalle tentazioni.

Una piccola eccezione era rappresentata solo da quella loro abitudine di isolarsi, di tanto in tanto, dal mondo. «Bagno?» proponeva uno dei due, e quello era diventato quasi un segnale, la parola d'ordine per un rito che li vedeva immergersi in mare e andare al largo, alla ricerca di un rifugio in cui poter stare un po' da soli e parlare liberamente.
Era successo anche quel venerdì mattina. La proposta era partita da Ilaria, desiderosa di discutere una strategia in vista del quarto di finale di quella sera fra Italia e Belgio, e Paolo era scattato in piedi come una molla. Inaspettatamente, però, lo stesso aveva fatto Alessandro: «Posso venire anch'io?» aveva chiesto con l'innocenza dei suoi dodici anni. Dirgli di no sarebbe stato davvero un gesto senza cuore. Un'opzione comunque non praticabile, visto che la madre dei due ragazzi aveva accolto quell'idea con un certo sollievo, speranzosa di liberarsi per un po' di quel piccolo chiacchierone, e passare finalmente qualche minuto in pace.

I tre ragazzi lasciarono così l'ombrellone e i lettini, e si incamminarono verso la riva. La spiaggia era parecchio affollata in quei giorni di piena estate, il gran vociare della gente si mischiava col rumore delle onde che si infrangevano sulla battigia. Quando furono ormai vicini all'acqua, passarono di fianco a un gruppetto di adulti che giocavano a bocce. Ilaria e Paolo procedettero via dritti, accorgendosi però dopo qualche passo che Alessandro era rimasto indietro. Il fratello si girò e lo chiamò, ma lui nel frattempo si era fermato, rapito apparentemente da quella sfida sulla sabbia.
Con l'acqua ormai alle caviglie, Ilaria appoggiò le mani sui fianchi e sbuffò. «Vado a prenderlo io, ti raggiungiamo» le disse Paolo, con la sua consueta gentilezza e disponibilità. A lei piaceva questo aspetto di suo cugino, sempre pronto a fare quel passo in più per far stare bene gli altri.
Camminò per qualche altro metro, posando i piedi con attenzione sulle conchiglie che si erano accumulate sul fondo, e quando l'acqua raggiunse il ginocchio si girò ancora. Con sorpresa, però, vide che Paolo si era fermato insieme al fratello. Cosa poteva mai avere di così interessante, quella partita di bocce?

Solo in quel momento, osservando coloro che giocavano, se ne accorse e finalmente capì. Erano tre uomini e una donna, tutti apparentemente sulla quarantina come età. Ciò che aveva bloccato i suoi cugini era il fatto che la donna non portasse il reggiseno. Era una stangona bionda, e non le pareva italiana: dall'aspetto suo e dei suoi amici, se Ilaria avesse dovuto provare a indovinarne la nazionalità avrebbe detto tedesca. Il suo era un topless decisamente generoso, a occhio portava una quarta piena, forse addirittura una quinta, perfettamente proporzionata comunque con un fisico imponente, che si sarebbe potuto definire giunonico.
Quando finalmente Paolo tornò a guardare sua cugina, la ragazza allargò le braccia, per poi posarle di nuovo sui fianchi. Lui capì, sorrise, e mettendo le mani sulle spalle del fratellino lo spinse via quasi a forza.
«Allora, com'erano le bocce?» chiese ai due ragazzi non appena la raggiunsero, con un voluto doppio senso che fu evidente a tutti. Alessandro non disse nulla, anzi arrossì leggermente e abbassò la testa. Paolo, forse anche per difendere il fratello, la prese sul ridere: «Un gioco bellissimo!».

«Chissà come mai a voi maschi basta vedere un paio di tette per non capire più nulla» commentò caustica qualche minuto dopo. Ormai l'acqua arrivava ad entrambi appena sotto al collo, mentre Alessandro non toccava più. Il ragazzino, che proprio quell'estate si era messo in testa di diventare un provetto nuotatore, stava facendo degli esercizi di apnea e continuava a infilare la testa sotto l'acqua, lasciandoli così abbastanza liberi di parlare.
«Dai, è un bambino - le rispose Paolo - Non puoi fargli una colpa perché è curioso».
«Veramente lui lo capisco! Ma tu... che scusa hai?».
La guardò divertito... Era gelosia, quella che percepiva?
«In realtà ne ho viste di più belle» le disse guascone, con un riferimento neanche troppo velato a quello che era successo durante l'ultima partita della Nazionale. Non contento, rincarò la dose: «A proposito, ma tu in topless sulla spiaggia, mai?».
Stava per rispondergli, ma dovette bloccarsi appena sentì Alessandro riemergere. «Quanto sono stato sotto?» chiese col respiro affannoso.
«Trentacinque secondi» rispose prontamente Paolo, continuando a guardare Ilaria. Era chiaramente un numero sparato a caso, impossibile che avesse tenuto il conto. Ma funzionò, perché suo fratello lo recepì come un invito a fare meglio, e dopo aver preso qualche altro respiro profondo, si tappò il naso e si infilò nuovamente sott'acqua.
«Ti pare che possa mettermi in topless? - riprese la ragazza - Davanti ai miei? Davanti ai tuoi?».
«Neanche... se stasera battiamo il Belgio?».

Ilaria si ammutolì. Era un colpo basso, lui sapeva che se c'era un modo di indurla in tentazione, quello era il più efficace. Fin lì non si era mai sottratta alle loro scommesse, ma ora la posta in palio le pareva davvero troppo alta.
Nel frattempo Alessandro era riemerso ancora una volta. «Quarantadue secondi, bravo!» tirò di nuovo a indovinare Paolo, prima ancora che suo fratello potesse chiederglielo.
«E con lui?» disse Ilaria, indicando il cuginetto con un leggero cenno del capo.
«Da quanto ho visto poco fa, penso che lui sarebbe il più felice di tutti!» rispose Paolo con una risata, per poi precisare subito che stava scherzando.
«Che cosa? - domandò immediatamente Alessandro, curioso e ricettivo come tutti i ragazzi della sua età - Perché sarei felice?».
«Ale, ti sfido a raggiungere i 50 secondi» tagliò corto Ilaria, mettendogli una mano sopra i capelli bagnati, quasi per invitarlo a rimettere la testa sotto.
«Inizia a contare!» le rispose entusiasta, appena prima di fare un respiro profondo e di immergersi per l'ennesima volta.
«Fai le scommesse anche con lui, ora?».
«Senti, il topless se battiamo il Belgio ci può stare - gli annunciò, ignorando le sue battutine - Però solo noi due, ci cerchiamo un tratto di spiaggia un po' isolato. Altrimenti no».
Paolo accettò immediatamente, consapevole che stava ottenendo più di quello che aveva osato sperare.
«Per stasera invece siamo d'accordo? - le chiese a quel punto - Mia mamma ha detto che hanno già prenotato in pizzeria, come l'altra volta».
«Sì, oggi pomeriggio lamenterò... problemi femminili. Vedrai che mio padre non oserà approfondire l'argomento, e mi lascerà stare a casa. E a quel punto tu farai ancora una volta il cavaliere, e ti offrirai di tenermi compagnia».
Tirando fuori la testa dell'acqua, Alessandro fece respiri ancora più profondi, e iniziò pure a tossire. Era stato sotto meno di prima, evidentemente non aveva più fiato. Ma Ilaria non se ne curò: «Grande Ale, 50 secondi esatti!» lo applaudì. Di tutta risposta, il cuginetto si lanciò su di lei e la abbracciò, esultando come se l'Italia avesse segnato un gol.
Paolo guardò sua cugina, e ridendosela sotto i baffi le sussurrò di nuovo: «Il più felice!».

Mancava poco più di un'ora alla partita, Ilaria era da poco uscita dalla doccia ed era nella sua camera, da sola. Paolo e Alessandro si erano fermati giù nella piscina del condominio, poco prima li aveva anche salutati dal terrazzo, rimanendo a guardare mentre suo cugino più piccolo eseguiva dei tuffi.
Ora stava approfittando di uno di quei rari momenti di privacy, in quella che era la loro stanza condivisa, per stare un po' sul letto a far nulla. Si era incremata tutta e poi aveva passato almeno un quarto d'ora buono distesa a navigare su Instagram e TikTok, sempre con addosso solo l'asciugamano con cui era uscita dal bagno. All'ennesimo video di gattini, però, si decise finalmente a vestirsi, mettendoci una certa cura vista la serata che la attendeva... Era consapevole che, quando giocava la Nazionale, accadeva sempre qualcosa di speciale.
Partì dall'intimo, che già aveva scelto da alcuni giorni: in valigia infatti aveva infilato anche la lingerie più sexy che possedeva, quella che solitamente usava per le grandi occasioni con il fidanzato. Si trattava di un completino nero che aveva comprato online sul sito di Obsessive, modello Firella: a comporlo un reggiseno nero di pizzo, con le coppe a triangolo finemente decorate e leggermente trasparenti - per un effetto vedo/non vedo molto sexy - insieme a un perizoma coordinato, quasi minimale. Tutte le volte che lo aveva indossato, Ilaria si era sentita bellissima, trovava che facesse davvero un lavoro superlativo nell'evidenziarle le curve, in particolare il fondoschiena. Il set era completato poi da un ampio reggicalze decorato, che tuttavia aveva deciso di lasciare a casa, considerato che mettere le calze con quel caldo sarebbe stata più che altro una tortura.

Si infilò il perizoma, facendolo scorrere lungo le cosce e sistemandone per bene il filo in mezzo ai glutei, e dopodiché tolse l'asciugamano che aveva legato appena sopra al seno. Si era messa vicina al letto di Alessandro, che si trovava accostato alla parete opposta alle scale, a metà fra il suo e quello di Paolo. Si trattava della zona del soppalco più lontana dal piano di sotto, l'unica in cui era certa che qualche spettatore casuale non la potesse intercettare con lo sguardo. Se fosse passato suo zio, o peggio ancora suo padre, e l'avesse vista in quello stato di déshabillé, probabilmente sarebbe sprofondata dalla vergogna.
A quel punto si vestì anche del reggiseno, sebbene non fosse così certa di usarlo, quella sera. Il motivo era presto detto: da quanto sostenevano tutti - anche Paolo l'aveva confermato - per la prima volta l'Italia non affrontava la sfida da favorita. «Il Belgio è al numero uno del ranking mondiale» le aveva detto suo cugino, cosa che peraltro l'aveva stupita non poco, visto che non ricordava di averlo mai visto vincere un Mondiale o qualche grande evento. Ma d'altra parte, lei che ne capiva di calcio?
Si era chiesta, dunque, quante fossero le possibilità che l'Italia facesse tanti gol. Poche, pensò. E poiché quel finale della partita con l'Austria le sarebbe piaciuto replicarlo, se non addirittura superarlo, non voleva vestirsi di troppi strati. Aveva pensato allora di sfruttare quell'abito corto e aderente, colore rosso fuoco e dotato di profonda scollatura, che aveva messo in valigia per sicurezza, così da avere almeno una cosa carina da mettere in caso di serate particolari. Un abito che funzionava sicuramente meglio se indossato senza reggiseno.

Ovviamente, non aveva alcuna intenzione di metterlo finché i genitori non fossero usciti. Nell'attesa, dunque, si infilò due delle prime cose che trovò fra i suoi vestiti: un top bianco piuttosto aderente, che le arrivava appena sopra all'ombelico, e una minigonna con le paillettes color verde brillante. Un capo, quest'ultimo, che aveva comprato a sedici anni perché le ricordava quasi la coda di una sirena, ma che dopo essere stato indossato in pochissime occasioni era stato riciclato come indumento estivo da casa.
Nello scendere le scale, si bloccò a metà, quando vide che sua madre stava apparecchiando la tavola.
«Ma... che succede?» chiese incredula, percependo il proprio piano che si sgretolava davanti agli occhi.
«Tesoro, come stai? - le disse la madre, accarezzandole una guancia - Papà mi ha detto che stai poco bene, ma mi dispiaceva lasciarti di nuovo sola a casa con noi fuori a divertirci... Abbiamo deciso di andare a prendere le pizze e mangiarle qui».
«Mamma no, non è necessario, davvero» protestò, rendendosi conto di essere stata incastrata per bene.
«Non c'è nessun problema, Ilaria» confermò suo padre, seduto sul divano a pochi passi da loro. E poi aggiunse: «È anche una questione di scaramanzia: nelle prime due partite eravamo tutti insieme e abbiamo vinto bene, poi senza di te abbiamo fatto solo uno striminzito 1-0 col Galles, e senza anche Paolo abbiamo rischiato di uscire con l'Austria. No, no, è meglio se stiamo tutti insieme stasera, credi a me».
La ragazza era sconfortata, non sapeva proprio come controbattere. Erano motivazioni che non le lasciavano molto spazio di manovra. E considerata la scusa che aveva usato per rimanere in casa, sarebbe stato davvero poco credibile se a quel punto si fosse inventata un motivo per uscire insieme a suo cugino.
Non vedeva soluzione, e il suo sguardo lo fece capire subito anche a Paolo, quando un paio di minuti dopo il ragazzo salì dalla piscina. «Guarderemo la partita tutti insieme» gli disse piena di delusione.


Il divano del soggiorno era decisamente troppo piccolo per contenere tutti e sette gli inquilini. Ad occuparlo erano stati i due papà e Alessandro, i primi ad alzarsi da tavola una volta finito di cenare. Paolo aveva lasciato a Ilaria la poltrona laterale, disposta di tre quarti rispetto alla tv, mentre lui aveva preso una sedia dalla tavola - dove erano rimaste sua madre e sua zia - e si era messo sul lato opposto.
Sin dai primissimi minuti dell'incontro, i due ragazzi non si erano limitati a dedicare le loro attenzioni allo schermo, ma avevano continuato a lanciarsi occhiate furtive. Quasi come se volessero comunicare, entrare ugualmente all'interno di quel loro mondo speciale che esisteva solo durante le partite della Nazionale. Lui non aveva idea di quello che sua cugina avrebbe voluto indossare quella sera, però sapeva che con quel top e quella gonna era davvero molto carina. Anche perché dalla sua posizione poteva ammirarle le gambe, affusolate e ambrate dal sole preso in quei giorni, e si trattava di una visione decisamente gradita. Lei si accorse di quelle attenzioni e le apprezzò, sebbene impossibilitata a darlo a vedere.

La prima emozione della gara arrivò presto: minuto dodici, punizione dalla trequarti, pallone in rete per il vantaggio azzurro. Gli unici due a esultare, tuttavia, furono Ilaria e Alessandro. Molto più guardinghi gli altri, e in effetti dopo pochi secondi il telecronista confermò che il gol era annullato per fuorigioco, come era parso già in diretta agli occhi più allenati.
In quel momento Ilaria e Paolo si guardarono, accennando un sorriso. Fossero stati da soli, sarebbe successo sicuramente qualcosa. Già contro l'Austria un gol poi revocato li aveva addirittura portati a togliersi un indumento a testa. In quella situazione, però, sapevano di non potersi spingere fino a quel punto. A meno che...
In pochi secondi, nel cervello di Ilaria si fece spazio un'idea. Diciamo pure una tentazione. La ragazza si guardò intorno furtiva, nessuno badava a lei a parte Paolo. Non si diede il tempo di ripensarci, e cercando di non attirare troppo l'attenzione, aprì leggermente le gambe ruotandosi con lentezza verso suo cugino. A uno sguardo distratto, la sua posizione su quella poltrona era ancora composta e tutt'altro che volgare. Agli occhi di Paolo, però, era diventata una delle pose più sexy che si fossero mai viste. Anche lui si guardò in giro, assicurandosi di non essere visto mentre rivolgeva la propria attenzione alle ginocchia di sua cugina, e a quell'ombra in mezzo alle gambe. Proseguendo col proprio impercettibile movimento, la ragazza le aprì ancora di più, fin quando lui non riuscì finalmente a vedere sotto la gonna, scorgendo il lembo stretto di stoffa scura degli slip, laddove le cosce si andavano a unire.
Durò lo spazio di pochi secondi, dopo i quali - sempre con la massima lentezza - Ilaria tornò ad avvicinare le gambe. Proprio in quel momento si accorse dello sguardo dello zio rivolto verso di lei. Non poteva essere tanto che la guardava, aveva controllato poco prima e lui aveva gli occhi fissi sul televisore. Ritenne improbabile che avesse intuito qualcosa. I loro sguardi si incrociarono per una frazione di secondo, poi entrambi tornarono a indirizzarli allo schermo.

Intanto il Belgio aveva organizzato la propria risposta, e per due volte andò vicino al vantaggio con un paio di azioni in ripartenza. Paolo decise di ricambiare in qualche modo il favore, seppure in maniera molto soft, portando la propria mano vicino al cavallo dei pantaloncini, e accennando un leggerissimo sfioramento, quasi un finto massaggio. Un dettaglio che a lei piacque molto, nonostante non fosse nulla di che. Testimoniava però la volontà di suo cugino di seguirla in quel gioco, sebbene le oggettive condizioni di difficoltà: non solo non erano liberi di agire e di guardarsi, ma pure il loro dialogo per forza di cose si era ridotto a zero, e di questo aspetto entrambi soffrivano terribilmente la mancanza.
L'attenzione che dovevano prestare ai tre sul divano era massima. Ecco perché Ilaria prese quasi un colpo, quando sua madre le sbucò da dietro offrendole una bottiglietta fresca di Estathé, cosa che poi fece anche con gli altri. Un gesto comunque apprezzato, visto il calore che la ragazza - non solo a causa del clima - aveva accumulato in quei minuti.

La conferma di quanto la partita fosse bella e vivace arrivò alla mezz'ora. Su un sospetto contatto in area, un attaccante dell'Italia cadde, provocando la richiesta di un rigore a gran voce da parte del padre di Ilaria. Sulla prosecuzione dell'attacco, tuttavia, un suo compagno riuscì a farsi spazio e con un gran tiro indovinò l'angolo giusto, portando in vantaggio la Nazionale azzurra.
Tutti quanti balzarono subito in piedi, esultanti, e i maschi si abbracciarono tra loro. Di nuovo, la ragazza fu colta da un istinto irrefrenabile, conscia che per mettere in atto quell'idea che le era appena venuta avrebbe dovuto agire in fretta. Così fu: senza farsi notare dagli altri che ancora festeggiavano, agitò con decisione la bottiglia aperta che teneva in mano, facendo finire diversi schizzi di tè sul proprio top.
Ormai era fatta, non si sarebbe più tirata indietro. Pochi secondi dopo, mentre gli uomini si risedevano, mise in scena la propria recita: «Ma daiii... perché devo essere sempre così imbranata?» commentò a voce alta. Gli altri ci misero poco a notare quelle macchie sulla stoffa bianca, appena sopra al seno. E poi, con assoluto stupore, la osservarono mentre afferrava da sotto il top, e tirandolo su lo sfilava dalla testa.

Un gesto apparentemente naturale, per nulla forzato, ma che in realtà la ragazza fece con immensa emozione e una buona dose di imbarazzo. Non appena rimase in reggiseno, e vide gli sguardi di tutti su di sé, pensò sinceramente di aver fatto una cazzata. Ma troppo grande era stata la tentazione, troppo eccitante l'idea di continuare il gioco con Paolo nonostante gli ostacoli.
A una cosa, però, non aveva pensato. Si era dimenticata forse la più importante, cioè il tipo di reggiseno che indossava. E quel pizzo, quelle trasparenze... non erano uno spettacolo pensato per tutti. Se ne accorse in primis dall'occhiata sorpresa di Paolo, l'unico che veramente avrebbe dovuto vederlo, e poi dagli occhi sbarrati dello zio e di Alessandro, che la fissavano senza dire nulla. Solo suo padre, visibilmente in imbarazzo, aveva scelto di rivolgere immediatamente la propria attenzione altrove.
«Ma... Ilaria!» la richiamò sua madre, rompendo finalmente quel silenzio scomodo.
«Si è macchiato» provò a giustificarsi lei, pur consapevole del proprio azzardo.
La donna si alzò, andò da lei e glielo tolse dalle mani. «Vabbè, te lo metto subito a mollo. Ma tu vai a metterti qualcos'altro, no?».
Ma perché sua madre doveva sempre fare la voce della ragione? Nessuno di quelli che stava guardando la partita con lei si era lamentato, perché doveva intervenire a romperle il gioco?
«C'è la partita - le rispose, rendendosi immediatamente conto di quanto fosse una scusa assurda, detta da lei - Tra poco vado».
La madre rimase lì a guardarla, stupita, mentre lei cercava di tenere lo sguardo fisso sul televisore, per evitare il confronto. «Ma se fino all'altro giorno non te ne fregava nulla...» obiettò la donna.
«Vabbè, dai, che vuoi che sia? - intervenne a sorpresa lo zio Mauro - È come quando indossa il costume in spiaggia... non ci scandalizziamo mica».
Sua madre restò lì in piedi qualche altro secondo, quasi alla ricerca di un sostegno da parte del marito. Il quale però si stava concentrando con tutte le sue forze sulla partita, determinato a restare fuori da quei discorsi. A quel punto lei dovette desistere, e si diresse verso il bagno con in mano il top macchiato.

Per un attimo Ilaria guardò suo zio, e accennò un timido sorriso di riconoscenza. Lui rispose allo stesso modo, ma poi lo vide anche abbassare gli occhi all'altezza del suo reggiseno. Non le era mai sembrato uno incline a farsi tentare da una ragazzina, anche in spiaggia non ricordava di averlo mai sorpreso intento a guardarla. Ma doveva ammettere che ora la situazione era del tutto diversa... e che forse l'ombra delle areole dei capezzoli, che si intravedeva attraverso la stoffa semitrasparente, sarebbe stata un colpo basso per chiunque.
Di certo lo era per Ale: da quando si era tolta il top, il suo cuginetto non aveva smesso un secondo di fissarle le tette. Le sembrava ancora più ipnotizzato di quella mattina, quando aveva visto la stangona in topless. D'altra parte doveva essere una cosa inedita per lui, quella vicinanza - tra loro c'erano al massimo un paio di metri - a un seno femminile così provocante.
Infine c'era Paolo, che continuava a guardarla con un misto di stupore, riconoscenza e... orgoglio. La ragazza gli dedicò un altro sorriso, e poi incrociando le braccia chiuse il sipario, coprendo finalmente quel che poteva.

Intanto in campo c'era decisamente una bella Italia. Il grande Belgio, numero uno del ranking mondiale, stava soffrendo contro gli Azzurri, bravi a controllare il gioco. Peccato che in quella stanza nessuno stesse più seguendo la partita come prima. In qualche modo, parte della mente di ognuno di loro era occupata da quella strana situazione, da quell'inedito comportamento di Ilaria. Si trattava di una innocente ingenuità adolescenziale, o si poteva a tutti gli effetti considerare una maliziosa provocazione?
Questo si chiedeva suo zio, che fu quasi colto di sorpresa nel momento in cui tutti si esaltarono, vedendo quel dribbling di Insigne sul finire del primo tempo. «Tira!» urlò Paolo, saltando in piedi, e la sua esortazione fu subito esaudita: il numero dieci azzurro lasciò partire una conclusione deliziosa da fuori, che si infilò imparabile a fil di palo.
«O tir' a gir'! O tir' a gir'!» iniziarono a esclamare tutti, imitando - male - l'accento napoletano dello stesso giocatore. Infervorati, erano di nuovo scattati in piedi per festeggiare la rete del 2-0. Anche Ilaria fece lo stesso, con le braccia alte per esultare, incurante del rimbalzo del seno causato da quel movimento improvviso. E mentre Paolo e lo zio Mauro si abbracciavano, Alessandro seppe cogliere l'occasione al volo: il piccolo di casa andò dritto da Ilaria, e le si avvinghiò con entusiasmo. Lei stessa ne fu sorpresa, e ci mise un secondo prima di rispondere all'abbraccio. Ale era ancora nell'età dello sviluppo, e in altezza le doveva diversi centimetri. Il suo viso le arrivava proprio all'altezza del seno, e lui non mancò di approfittare di questa fortuna, infilandole praticamente il naso fra le tette.
Lei gli accarezzò amorevolmente i capelli, e poi con gentilezza ma allo stesso tempo con fermezza lo staccò da quella presa. E mentre lui tornava a sedersi, con uno sguardo che lei non poteva vedere ma che testimoniava la soddisfazione per essersi conquistato quel "trofeo", Paolo se la rise alla grande, ripensando al discorso fatto proprio quella mattina mentre facevano il bagno in mare.

La questione che si poneva, ora, era un'altra. Cosa avrebbe potuto fare, Ilaria, per continuare la tradizione della scommessa? Togliersi qualcos'altro le pareva improponibile, nessuna scusa avrebbe mai potuto giustificare che si sfilasse anche solo la gonna, dopo quello che già aveva fatto. E anche il gesto compiuto mezz'ora prima, con il movimento delle gambe per stuzzicare suo cugino, era fuori discussione: con il tipo di attenzione che le stavano dedicando da quando era rimasta in reggiseno, sarebbe stato impossibile che nessuno la notasse. Per la prima volta si trovava in seria difficoltà, e non sapeva come uscirne.
A venirle incontro fu il destino, o meglio l'arbitro. Il gioco infatti era appena ripreso, e già il Belgio aveva l'occasione di accorciare le distanze, grazie a un calcio di rigore. Un fischio severo che fu duramente contestato, sia in campo che lì nel salotto, ma che poco dopo si tramutò nella rete del 2-1, risultato che amareggiò un po' tutti.
Solo in quel momento Ilaria si accorse che il tempo era agli sgoccioli, e infatti subito dopo l'arbitro mandò tutti all'intervallo.

«Adesso puoi andarti a coprire» le disse sua zia sottovoce, con estrema gentilezza, dopo essersi avvicinata a lei. Che si fosse accorta degli sguardi del marito? Ilaria si sentì in colpa, anche se pensò che dal tavolo dove era seduta, sua zia non poteva certo aver notato nulla. Al massimo poteva aver visto l'abbraccio un po' troppo interessato di Alessandro, quello sì. O magari aveva solo intuito il fastidio di sua sorella, e aveva voluto dare un consiglio alla nipote.
In ogni caso, Ilaria non si poteva più sottrarre. Non esisteva scusa al mondo che le avrebbe permesso di restare ad aspettare in reggiseno fino all'inizio del secondo tempo.
«Sì, grazie zia» le rispose con un sorriso, alzandosi e dirigendosi verso le scale.
Paolo la seguì con lo sguardo finché non l'ebbe più nella visuale. Avrebbe avuto una gran voglia di seguirla, ma farlo senza che nessuno se ne accorgesse sarebbe stata un'impresa irrealizzabile.
Sua cugina però - se ne rendeva conto di più ogni giorno che passava - ne sapeva una più del diavolo.
«Paolo! - lo chiamò, affacciandosi al parapetto del soppalco - Ma è tua la roba che c'è sul mio letto? Possibile che non sai tenere un po' di ordine?».
Il ragazzo si guardò in giro: se la sarebbero bevuta, quella balla? Sembrava proprio di sì, a giudicare dallo sguardo che gli rivolse suo padre, con il quale di fatto lo invitò ad andare di sopra a rimediare alle proprie mancanze.

Quando raggiunse il piano superiore, la prima cosa che notò fu il suo bellissimo sorriso.
«Tu sei matta» le sussurrò avvicinandosi, pure lui con un'espressione entusiasta stampata in faccia. Quando fu a meno di un metro da lei, lo sguardo andò a posarsi su quel reggiseno così sexy e sulle sue trasparenze, che ora poteva finalmente ammirare senza rischi.
«Ah, giusto! - bisbigliò allora lei - Questo te lo dovevo già dal gol del due a zero...».
Nel dire così portò le mani dietro la schiena, e senza alcuna esitazione lo sganciò. Poi tirò giù le spalline, e a quel punto lo tolse come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Paolo rimase senza parole. L'ultima - nonché unica - volta che l'aveva vista a seno nudo, era durata in totale pochissimi secondi. Ora invece lei restava lì a farsi guardare, con quelle tette così morbide e sfacciate, quei capezzoli vivaci e sbarazzini che puntavano verso di lui. Aveva anche un accenno di segno dell'abbronzatura che, allo sguardo del ragazzo, rendeva il tutto ancora più bello.
Senza mai perdere il contatto visivo, lei gli prese la mano e senza alcun tipo di preavviso gliela posò appena sopra al proprio seno sinistro. «Senti come mi batte forte il cuore» gli disse seria.
«Sei matta...» riuscì solo a ripetere lui, mentre i polpastrelli saggiavano la delicatezza di quella pelle abbronzata.
Infine decise di osare anche lui: imitando ciò che aveva fatto lei, con la mano libera le afferrò dolcemente il polso, e lo guidò giù. Le posizionò il palmo proprio davanti al proprio inguine, e le sussurrò: «Questo te lo dovevo io per il due a uno...». Fu lei a completare il movimento, andando a posare la mano aperta sopra la patta dei pantaloncini. Dove poté sentire tutta la vigorosa eccitazione che suo cugino provava in quel momento.
I loro volti si erano avvicinati sempre di più, e ora erano distanti pochi centimetri: si guardavano fissi negli occhi, potevano quasi avvertire il respiro l'uno dell'altra.
«Gelato!» urlò la madre di Paolo dal piano di sotto, quasi risvegliandoli da un sogno, e ricordando loro che non c'erano pareti né porte a separarli da tutti gli altri, ma solo una rampa di scale.
«Vai prima tu, io arrivo» disse Ilaria, ponendo fine a quel reciproco contatto, e raccogliendo dal letto una canottiera scura che già aveva preparato per il secondo tempo. Da indossare, nel rispetto delle loro scommesse, rigorosamente senza reggiseno.


Quella notte Ilaria si rigirava nel proprio letto, il sonno non le era amico. Erano andati tutti a dormire verso mezzanotte, ben dopo la fine della partita, che stavolta non si era protratta fino ai supplementari. Nel secondo tempo l'Italia era riuscita a difendersi dagli assalti dei belgi, e nonostante qualche affanno il risultato non era più cambiato, e dunque non c'erano state nuove occasioni per provocarsi.
La vittoria era valsa l'accesso alla semifinale, ed era stata accolta da tutti con grande gioia e soddisfazione. Subito dopo la fine della gara, Paolo le si era avvicinato e ad un orecchio le aveva bisbigliato «Non vedo l'ora di tornare in spiaggia con te», ricordandole il pegno che lei aveva accettato quella mattina, in caso di vittoria. Era proprio quel pensiero a intasarle la mente, insieme all'immagine degli sguardi che aveva ricevuto nel finale del primo tempo, quando era rimasta in reggiseno.
Toccò il display dello smartphone per controllare l'ora: le 2.41. La ragazza fece un sospiro, immaginando che sarebbe stata una lunga notte. Pochi secondi dopo, tuttavia, sentì un rumore. Forse aveva svegliato uno dei suoi due compagni di stanza? Alzò la testa dal cuscino e guardò verso il letto di Alessandro, quello più lontano dalle scale. La stanza era buia, ma la luna faceva comunque entrare un minimo di luce in casa, attraverso la porta a vetri che dava sul terrazzo, proprio davanti alle scale del soppalco. E abituando per qualche secondo gli occhi all'oscurità, riuscì a intuire che Alessandro era immobile, disteso su un fianco che dormiva beato.
Girò allora la testa di lato, verso il letto di Paolo... e quasi trasalì, nel vederlo seduto anziché disteso.

Lentamente, cercando di non fare troppo rumore, anche Ilaria si tirò su e si mise a sedere, appoggiando la schiena contro la parete, proprio come stava facendo suo cugino dal lato opposto della stanza. Ora erano seduti l'uno verso l'altra, seppure distanti qualche metro. La penombra non consentiva loro di vedere chiaramente il viso dell'altro, ma capirono subito di essere svegli entrambi.
Osservandolo meglio, la ragazza si accorse che suo cugino indossava solo i boxer, ed era a petto nudo. Comprensibile e giustificabile, visto il caldo, ma non era così che ricordava di averlo visto andare a dormire. Lei invece aveva addosso una larghissima maglietta bianca, che le arrivava quasi a metà coscia, e il cui collo era talmente largo da lasciarle quasi scoperta una spalla. Sotto, portava degli slip dello stesso colore: biancheria ben più comoda rispetto a quel perizoma indossato nel corso della partita, e col quale non si sarebbe mai azzardata a dormire, vista la presenza di Alessandro nella stanza.
A un tratto, le sembrò di scorgere un piccolo movimento. Concentrando lo sguardo nel punto giusto, si rese conto ben presto che non lo aveva immaginato: Paolo si stava massaggiando lentamente l'inguine, un po' come le aveva fatto vedere dopo quelle occasioni sciupate dal Belgio.
Ilaria si morse il labbro inferiore, e avvertì ancora più caldo di quanto non avesse già. Si chiese se lui riuscisse a vederla, se in quel momento la stesse guardando. Decise di provare ad appurarsene. Si mise a sedere meglio, più dritta, incrociando le gambe. E poi prese il bordo inferiore della sua maglietta e iniziò ad arrotolarlo su, sempre più su... Fino a quando arrivò al seno, dove si fermò.
Chissà se lui aveva visto quel piccolo show. Chissà se ora quella debole luce che proveniva dall'esterno gli dava modo di ammirare il ventre di Ilaria, al centro del quale, proprio in quel momento, correva una minuscola gocciolina di sudore.
A quel punto accadde una cosa che rispose alle sue domande, e che la ragazza non avrebbe più dimenticato: Paolo - anzi, quel ragazzo di cui non riusciva a vedere il viso, avvolto dall'oscurità - tirò l'elastico dei boxer e lo portò giù, liberandone il contenuto.

Non lo vedeva bene come se fosse stato alla luce del sole, certo, ma non ebbe difficoltà a intuire che si trattava di un gran bel pene. L'ombra era inequivocabile, ciò che era uscito dalle mutande svettava duro e fiero. Istintivamente guardò ancora verso il letto di Alessandro, che non dava segni di attività. D'altra parte al mattino il suo cuginetto non si sarebbe svegliato neanche con le bombe, figurarsi se alle tre di notte poteva sentire qualcosa.
Poi si voltò di nuovo verso Paolo, e completò il movimento iniziato poco prima, sfilandosi del tutto la maglietta e rimanendo a seno nudo. Un gesto apprezzato dal suo compagno di giochi, la cui mano andò ad afferrare quel martello posizionato fra le gambe. Quasi come se si muovesse al rallentatore, Ilaria osservò la mano stringere forte il cazzo, e iniziare un movimento oscillatorio dall'alto verso il basso.
Pochi secondi dopo, le sue dita si erano già insinuate negli slip, andando subito a pizzicare il clitoride.
La ragazza non si tolse mai le mutande, ma quello che mise in scena fu uno spettacolo di altissima qualità. La mano destra rovistava in mezzo alle cosce con decisione, ora con movimento rotatorio, ora sussultorio. Intanto pollice e indice della sinistra torturavano il capezzolo di una tetta, che il polso schiacciava con forza.
Anche il movimento di suo cugino si era fatto più intenso, la sua mano andava su e giù a una velocità molto più sostenuta di prima. Fra loro si era scatenata una sorta di danza, un tango senza contatto, perfettamente coordinato. Ilaria inarcò la schiena, spingendo ancora più in fuori il petto, vittima di quel suo stesso tocco che la stava facendo godere in maniera così spudorata e svergognata, nella stanza in cui dormiva coi suoi due cugini. A quel punto vide Paolo portare anche l'altra mano sul cazzo, e intensificare ulteriormente quell'atto così vizioso. Una sega a due mani... non ricordava che gliene avessero mai dedicata una, e lo trovò inebriante. Ora potevano sentire distintamente il respiro l'uno dell'altra, si stavano spingendo fin troppo oltre e rischiavano davvero di svegliare Alessandro.
Poi accadde.
Strozzando in gola il proprio piacere, il ragazzo bloccò improvvisamente il movimento delle mani, e iniziò a eiaculare. Ilaria vide distintamente uno, due, tre schizzi esplodere dalla cappella, per tuffarsi sul petto di suo cugino. Fu anche per lei il colpo di grazia: dalla vagina sentì spruzzare un'abbondante quantità di liquido, che le inzuppò le dita e le mutande, in un violento orgasmo che le fece chiudere gli occhi per diversi secondi, preda di quegli intensi brividi di piacere.

Con il respiro ancora affannoso, e il cuore che le batteva nel petto a un ritmo talmente alto che quasi aveva paura se ne potesse sentire il rumore, appoggiò sfinita la nuca al muro, e poi tornò a guardare verso suo cugino più piccolo, trovandolo esattamente nella posizione in cui l'aveva lasciato poco prima. La loro pazzia non aveva avuto conseguenze, per fortuna.
Prese la maglietta, e usandola quasi come uno straccio tentò di asciugarsi il petto e la schiena, dove fra caldo ed eccitazione stava letteralmente grondando sudore. Avrebbe avuto bisogno di una doccia, o quantomeno di un bidet. Ma se fosse scesa giù, avrebbe rischiato di svegliare qualcuno, e probabilmente non avrebbe saputo rispondere ad eventuali domande. Lo stesso pensiero doveva averlo fatto Paolo, pure lui intento a ripulirsi con la maglietta che aveva usato per andare a dormire, e rassegnato a restare con la pelle impiastricciata e appiccicaticcia fino al mattino.
I due ragazzi si distesero nuovamente sui rispettivi materassi, sempre l'uno rivolto verso l'altra. Solo in quel momento, uno scorcio di luce permise loro di vedersi finalmente in viso. Si guardarono dritti negli occhi, senza dire nulla, per diversi minuti, prima di cedere al lungamente desiderato sonno.

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