Il figlio di puttana

Scritto da , il 2021-08-13, genere dominazione

Suo padre balbettava, aveva i capelli appiccicati alla fronte. Implorava Raùl Vicario di dargli più tempo, era sempre stato regolare, avrebbe saldato tutto, ma con la pandemia gli affari erano andati a rotoli.
Raùl Vicario sorrideva stanco seduto alla scrivania di quel pidocchioso. Era stato divertente dopo tanti anni fare un giro di riscossioni. Era tornato ai bei tempi, quando era giovane e sapeva quel che voleva diventare. Ora possedeva l'intera città e dei soldi di quel merdoso non sapeva che farsene, li avrebbe guadagnati in meno mezz'ora senza far nulla, stando disteso sul ponte del suo yacht.
S'era impigrito, s'annoiava come un re. Avrebbe dovuto farlo più spesso. Fare il giro dei debitori era stata una scossa d'adrenalina e la faccia di quel pidocchioso, quando s'era trovato nel ristorante Raùl Vicario in persona, l'aveva fatto sentire un dio.
“No, non ci siamo, non posso concederti altro tempo, sarei ingiusto con gli altri... fammi una proposta seria.”
Diego si teneva nascosto dietro gli altri, vicino alla porta: non aveva mai avuto rapporti con suo padre, ma soffriva nel vederlo promettere l'impossibile (col ristorante e casa già ipotecati) a un mafioso che manco lo ascoltava.
Raùl Vicario fingeva di spulciare tra i registri e curiosava intorno finché non fissò lo sguardo su Diego.
“Lui chi è?”
Due sgherri s'allargarono e Diego si trovò allo scoperto.
“...?!! È mio figlio, Diego.” Si spaventò. “... è venuto finalmente a trovarmi, ma non vive con me, s'è diplomato all'alberghiera di *** e ha già trovato lav...”
“Ma dai?! Il figlio di Inés!” Vicario, muovendo solo una falange dell'indice, gli ordinò d'avvicinarsi e farsi vedere bene: Diego fece anche un giro su se stesso al comando di quel dito ed andò dietro la scrivania, in piedi accanto alla poltrona.
Ma Vicario s'era già disinteressato a lui: “Lo capisci, Aristobal, che non posso fidarmi di te? Tu sei quello stronzo che s'è sposato una troia da bordello... Dimmi te se io posso fidarmi d'un coglione che si sposa una puttana.” Si volse al ragazzo. “... Beh, mi spiace ragazzo, hai un padre proprio coglione e devi sapere che io ho sempre avuto troppa pazienza con lui. S'è sposato una mia puttana? Okay, mi sono detto, mi sta bene, ci si mette d'accordo: sposala e mi dai tu quello che mi rendeva. Giusto?, mi pare logico, è così che ci si comporta tra uomini d'affari. E ovviamente la puttana rimane mia... “
“Ma io non...”
L'ammutolì con uno sguardo e spolverò l'orlo della camicia di Diego. Stava giocando a basket quando erano arrivati i Suv neri. “Sai ragazzo, io ero davvero contento che avesse trovato un pirla da sposare! Tua madre era troppo bella e non volevo che si rovinasse facendosi scopare da un esercito, ma nemmeno volevo che si dicesse in giro che Raùl Vicario s'era rammollito!... A tuo padre ho chiesto solo un giorno alla settimana! Cosa poteva pretendere di più 'sto coglione?! E a volte non me la scopavo nemmeno, giuro... ma era un delitto sprecare una troia così! Una cagna ha le sue esigenze! Quindi se un giorno non avevo voglia di sbattermela io, la davo in premio ai miei uomini e non ero geloso se la facevano godere più di me.”
Vicario se lo tirò accanto, poggiandogli una mano dietro la vita. “Avvicinati, non mordo. Tu me la ricordi, hai i suoi occhi e le sue labbra. Credimi, tua madre allora era bellissima e cazzo s'era cagna! Quante ne avrei da raccontarti...” Gli sfiorò il culo sovrappensiero. “Ma per farla breve, sai che mi combina 'sto stronzo? Dopo pochi mesi la fa scappare e poi decide che sono passati tanti anni e non è più tenuto a versarmi le rendite. Sono due anni che uno vedo un peso da 'sto pidocchio!” Si volse verso il padre: “Che fine ha fatto? Sapevo che faceva la troia a Panama.”
Aristobal era angosciato. Per salvare la moglie in attesa del figlio l'aveva spedita all'estero e per diciotto anni s'era dissanguato per mantenerli e per pagare le rendite a quel porco. Con che risultato? La maledizione!
In una settimana era stato travolto dalla maledizione: prima la lettera di Inés che s'era risposata ed aveva deciso di rispedirgli indietro il figlio; poi l'arrivo di Diego che lo odiava perché credeva d'avere un papà ricco e potente: infine Raùl Vicario in persona... e lui era indebitato fino al collo. “Non so dove sia, m'ha abbandonato, perdonami, prenditi il ristorante, è tuo!”
Vicario fece cenno d'allontanare il merdoso e volle che Diego s'avvicinasse col capo: gli sussurrò a lungo, da amico. Il ragazzo si sentì morire. Sapeva che Vicario non stava cercando di spaventarlo, gli stava semplicemente esponendo cosa era costretto a fare a tutti e due. Era la fine che toccava a quelli che l'avevano messo in ridicolo e non era una semplice pallottola nel cervello! Ma c'era un'alternativa e Diego sarebbe diventato ricco.
In quell'alito c'era odore di potere e soldi e Diego si eccitò. Vicario non prometteva a vanvera come quell'omuncolo che diceva d'essere suo padre: la sua parola era legge. E se chiamava cagna, puttana e troia quell'isterica di sua madre aveva solo ragione; era stato tradito anche lui da quell'isterica. Vicario era il suo vero padre, se lo sentiva, ne era certo: e sua madre gli aveva sempre detto ch'era figlio d'un grand'uomo, di uno con le palle.
Diego colse al volo l'incredibile occasione ed accennò un sì col capo. Si meritò una carezza sul capo.
“Del tuo locale non me ne faccio una sega. Sei una merda, Aristobal, e Vicario non fa affari con le merde. Da oggi il nostro contratto non vale più, sei libero ed io non voglio più sentire il tuo nome.” Si rialzò. I suoi uomini s'allargarono per farlo passare. “Hai tre settimane per saldare quello che mi devi... Il ragazzo viene con me. È figlio di una mia puttana e m'appartiene.”
Diego lo seguì guardando i propri piedi. I gorilla gli fecero spazio.
Rialzò la testa, ma non salutò l'ex marito di sua madre.

Mama Flores si spaventò quando tre Suv neri entrarono nel suo cortile. E quando s'abbassò un finestrino e comparve il volto di Raùl Vicario, s'avvicinò lenta, sicura che sarebbero state grane grosse.
Vicario non ascoltò i suoi saluti e rimase in silenzio per impaurire la donna. Mama Flores era dannatamente furba però. Era una forza della natura: sapeva d'essere perfettamente in regola con i Vicario e, qualora ci fossero stati problemi che non conosceva, un tono troppo timoroso sarebbe stato un'autodenuncia. “Sei venuto per godere delle mie ragazze? Ho una danese bellissima, la ragazza perfetta per te.”
In quel momento due uomini le spinsero un ragazzo. “No, ho bisogno d'un piacere. Ti lascio questo ragazzo, ha bisogno d'essere ammorbidito: ci penseranno i fratelli Montoya. Tra poco arrivano.”
Scese dal fuoristrada e si mise al fianco del ragazzo, poggiandogli la mano in spalla. “Tu devi solo dargli una bella ripulita, renderlo presentabile insomma, ed insegnargli i trucchi del mestiere. Te lo lascio qui una settimana, lavorerà gratis per te... So di potermi fidare di te, sei la migliore: voglio un bel ragazzo, non una troia senza tette. Intesi?”
“Ha bisogno di vestiti ed estetista, paghi tu?”
Ad un suo cenno uno sgherro allungò un fascio di dollari. Mame contò cinquecento e restituì il resto: “Sì, mi sembra okay, ne verrà fuori un bel ragazzino... Ma a me piace essere chiara: qui ho solo soldati e marines della base americana e se vedono un bel culetto non li trattiene più nessuno... I frocetti li fanno sentire veri uomini e li usano mentre aspettano le ragazze. Ti sta bene?”
“Quello che credi! Il ragazzo dovrà sdebitarsi con te... Ah, una cosa sola: se scappa ci rimarrei molto male.”

Mama Flores attese che i Suv scomparissero dietro il polverone alzato e trascinò per i capelli quello stronzo. Chiuse la porta a chiave e l'aggredì furibonda: “Ma lo sai chi è quello? Che cazzo gli hai fatto porcaputtana?! Ma hai idea? Okay okay, tu sei un cretino, il peggiore dei cretini e vuoi rovinarti. Ma io che cazzo c'entro??? I fratelli Montoya! Quegli stronzi non hanno mai messo piede nel mio locale ed ora io, per un ragazzino idiota, li devo accogliere. Lo sai cosa significa per me? Dovrò vendere tutto e cambiare città. Con Vicario Mama Flores non fa affari. Nessuno li può fare senza perdere tutto!”
Guardò il ragazzo: non aveva paura, pareva solo rassegnato. “Cazzo mi va a capitare! Ma tu ora non temere, i Montoya non possono rovinarti, piaci troppo a quel porco. Ma dobbiamo fare in fretta, stanno arrivando. Sei vergine?”
Lo ribaltò sul tavolo e gli abbassò i calzoncini. “Okay okay, oggi sarà dura per te ragazzo, devi assolutamente darmi retta: non tenerlo mai teso e soprattutto non fare la verginella. Fa' tutto quello che vogliono prima ancora che te lo dicano. Ti pesteranno lo stesso, sono stronzi, ma alla fine ne verrai fuori.”
Infilò due dita unte di crema e il ragazzo si ribellò. Mama gli puntò un gomito sulla schiena e lo bloccò sotto il peso dei suoi seni. “Fermo! Si vede lontano un miglio che sei un pigliainculo, ma quelli ce l'hanno da cavallo e ti aprono in due! Stupido, tienilo rilassato, ecco così, lascia fare a me, poi mi accenderai un cero al Santuario del Monte...” Lentamente gli massaggiò l'ano allargando e ruotando le dita. “Abbiamo poco tempo, non so cos'altro fare per te... Ma ricorda sempre, tu sei di Vicario!, quegli stronzi non possono rovinarti. Poi starai da me e nessuno potrà più farti male: i miei marines sono a posto, tranquillo ragazzo mio!, e sono sicura che ti piaceranno, ahaha!” Rise da sola alla sua battuta e cacciò un altro dito con rabbia. “Ascoltami bene!” Gli serrò i coglioni con l'altra mano “Mama Flores non si fa rovinare da una puttanella: se provi a scappare te le strappo e poi ti riconsegno al tuo pappone.”
Bussarono alla porta. Mama Flores asciugò per bene il culetto del ragazzo usando il bordo del grembiule: “Sei liscio come una ragazza, capisco perché Vicario ha perso la testa per te!” Lo baciò in fronte: “Coraggio.” e lo portò incontro ai fratelli Montoya.

Erano due teppisti coi muscoli tatuati. Avevano in spalla dei cavalletti con luci da set fotografico e un borsoni a terra, con delle telecamere poggiate sopra. Uno prese in consegna Diego afferrandolo dietro al collo e portandolo verso il fratello: “Bene, questa è la puttana.”
L'altro guardò spavaldo Mama Flores: “Che camera ci dai? Spero una buona anche se non non siamo tuoi affezionati clienti.”
“È al pianterreno, dall'altra parte del cortile.”
“Bene, la più tranquilla... Sai che Vicario per premio ci ha promesso un giro con la tua bella danese? Dicono che sia la troia più bella della città e noi abbiamo l'attrezzatura giusta per lei.” Urtò col piede il borsone a terra. “Poi però ti toccherà darle qualche giorno di riposo, eheheh!”
“A me non ha detto nulla. Mi sembra strano, ma io non conosco bene Vicario... se fosse così non ci sono problemi, vi lascerei entrare nel mio locale. Sono però sicura Raùl Vicario che tiene molto a questo ragazzo ed io non sarei così tranquilla al vostro posto. Proprio niente tranquilla!” Gli tese un flaconcino d'olio.
Enrique, era incazzato e nervoso. Odiava Mama: quella vecchia troia aveva ragione. Le strappò di mano il flacone, ma non voleva dargliela vinta: “Visto che sei così premurosa hai anche delle pillole azzurre? Ci ha avvisato all'ultimo ed abbiamo portato tutti i nostri giochini, ma ci siamo dimenticati proprio di quelle.”
“Ve le faccio portare.”
“Grazie, ma quando torneremo per la tua troia ce ne ricorderemo di certo, ahahah!”

… continua (?) -

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