In piscina
Scritto da Nathaniel Hawthorne , il 2020-10-21, genere incesti
Era bastato vedere una volta mia zia in bikini, inizialmente senza sapere che fosse lei, per farmi perdere il lume della ragione.
O meglio, per impedire che l’immagine del suo corpo abbronzato, mi si togliesse dalla mente. Ero ossessionato.
Quella gambe, quel perizoma striminzito che copriva poco o nulla ma che con la sua presenza provocava a tal punto da avermi costretto, tutto il pomeriggio, sdraiato a pancia in giù, sul lettino.
E quelle tette, larghe e naturali. Quando l’avevo vista uscire dalla piscina, prima di sapere che fosse lei, quasi ero caduto dalla sdraio. L’acqua fredda le aveva trasformato i capezzoli in due visibilissimi chiodi che sussurravano trasgressione ed erotismo. E insomma, per farla breve, uscita dalla piscina l’avevo squadrata da capo a piedi, fermandomi molto sul ventre piatto e sulle tette. Ci avevo impiegato qualche minuto per accettare che fosse davvero lei.
Fortuna che non mi aveva visto. In più, ripensarla per come era abituato a vederla, non era di nessun sollievo. Adesso quei vestitini corti e scollati, mai troppo a dire il vero, che portava di solito mi tormentavano. Le sue curve, che mille volte avevo intravisto sotto magliette un po’ attillate e corte, mi mandavano su di giri.
Tornato dalla piscina, quel giorno, mi chiusi in camera a masturbarmi per ore. Cercai sollievo in qualche porno amatoriale, evitando accuratamente quelli che riguardavano donne oltre i trentacinque anni. Ma niente, ogni volta che venivo, avevo in mente solo lei.
Fu con questo turbamento, mentale ma soprattutto fisico, che tornai in piscina quel martedì pomeriggio. Speravo che vedendo qualche altra ragazza mi sarei distratto. Ma non avevo fatto i conti con il bassissimo numero di avventori durante un pomeriggio normalmente lavorativo. Perciò alle tre, complice una leggera brezza, mi addormentai sul lettino. Ovviamente non sognai fiori e farfalle ma mia Zia, e nemmeno in costume o nuda. Ma con vestiti corti e provocanti, che lasciavano intravedere seni e capezzoli.
– Marco?
Ecco. Ci mancava solo che chiamasse anche il mio nome, pensai nella dormiveglia onirica.
– Marco? – sentii ripetere.
Quella voce non veniva dal sogno. Aprii lentamente gli occhi, per difenderli dalla forte luce del sole. Ci misi qualche secondo a mettere a fuoco ma quando capii una fiammata salì dal collo fino alle guance.
China sul lettino, che mi fissava son un mezzo sorriso, c’era proprio mia Zia. E non ero arrossito perchè la stavo sognando e mi aveva colto in quell’intimità ma perchè sotto i boxer da bagno avevo una delle erezioni che, da quel giorno in cui l’avevo vista in costume, mi flagellava ogni ora. Duro come il marmo, impossibile da non notare. Forse era per quello che sorrideva in modo malizioso?
– Zia? Ma cosa ci fai qui? – Era la domanda più stupida che potessi fare. Ma dovevo prendere tempo a tutti i costi.
– Be’, Marco. Siamo in piscina. Tu che dici? – Rispose lei.
Ogni suo movimento, ogni espressione del viso, mi sembrava provocante e irresistibile.
– Eh…in effetti – cercai di sistemarmi per coprire il gonfiore tra le mie gambe. Ma lei dove stava guardando? Da dietro gli occhiali che portava, scuri come i suoi capelli, non si capiva niente.
– Sei da solo?
– Ehm. Sì sì.
– Allora mi metto vicino a te. – Sorrise di nuovo. E Lui, dritto come non mai, mi picchiò contro la pancia. Da fuori, si vedeva tantissimo. Non credo di aver manifestato grande entusiasmo alle sue parole, ma perchè ero pietrificato dall’imbarazzo.
– Se non disturbo… – Si affrettò ad aggiungere.
– No no! – Risposi, rapido, forse troppo concitato. Un’altra vampata di rossore mi salì dal collo fin sopra ai capelli.
– Bene allora!
Si sollevò in un fruscio del vestito corto e attillato, che sollevato dal vento scoprì una bella parte della sua coscia.
Oddio! Era bellissima. Si intravedevano persino i muscoli, la loro scolpitura. Cercai di sedermi per coprire il più possibile la mia eccitazione che non accennava a calare. Si fece portare un lettino da mettere accanto il mio, squadrata dal bagnino che non le staccava gli occhi di dosso.
Si sedette e sfilò il vestito. Quel corpo che mi aveva fatto impazzire adesso era a pochi centimetri da me. Non riuscivo a non guardarla. Le gambe, la pancia piatta, quel seno generoso e vero. Pieno, non sodo come quello delle ragazze più giovani, ma ampio e maturo.
Dovetti impedire alla mia mano di scivolarmi tra le gambe per una sega veloce. Mi sentivo esplodere. E, cosa più grave, si era accorta di quanto la stavo fissando. Ma non smetteva di sorridere, anzi. Inclinò la testa e un ciuffo di capelli neri le scese sugli occhi.
– Marco?
– S-s-ì? balbettai.
Mi aiuteresti con la crema? Io, venticinque anni, diverse esperienze sessuali anche spinte alle spalle, mi sentivo come un ragazzino al primo giorno d’asilo.
Mi avvicinai impacciato, mentre lei si stendeva pancia in giù e, oh mio Dio, slegava con un gesto lento e ispirato la cordella del bikini. Mi ero un po’ tranquillizzato, perchè da quella posizione non poteva più vedere l’esplosiva erezione tra le gambe, e forse sarei riuscito anche a smettere di sudare. Dov’era il vento primaverile quando serviva? Allungò un braccio dalla parte opposta del lettino, frugando dentro la borsa. Nel farlo si inclinò un po’ di lato e, senza controllo, un capezzolo si sollevò dall’asciugamano. Era più piccolo e più appuntito di quello che pensavo ma, cosa da mozzare il fiato, turgido come se qualcuno lo avesse stuzzicato con il ghiaccio fino a quel momento. – Marco? – Mi riprese lei. Ero talmente perso in quelle visione che non avevo notato la crema volteggiare, stretta nella sua mano, davanti alla mia faccia. Agguantai il boccetto e nel farlo le sfiorai le dita. Che mani piccole e sottili aveva. Non potei fare a meno di pensarle strette intorno al mio cazzo, mentre salivano e scendevano piano. Diedi un colpo di tosse. Dovevo smetterla! Mi avvicinai ancora e i pantaloncini rimasero impigliati per un secondo nel bordo del lettino: vennero trascinati in basso e con essi il mio durissimo pene. Ci mancò poco che venissi! Impugnai la crema e fare qualcosa di materiale parve calmarmi un attimo i nervi. Anche se spargermi tra le mani quel liquido mi riportava inevitabilmente ad alcune serate trascorse con un’amica molto disponibile. Serate iniziate con massaggi e finite in un groviglio di mani, gemiti, lingue e orgasmi. Ok, pensare a qualcuna che non fosse lei era stato utile ma, quando riposai gli occhi sulla sua pelle ambrata, precipitai di nuovo nella confusione del desiderio. Le posai le mani sulla schiena e la sua pelle, liscia e abbronzata, si rivelò essere molto più calda di quello che mi aspettavo. Un piccola ragnatela di brividi si diramò dalla mia mano sulla sua schiena. Chissà adesso i suoi capezzoli come dovevano essere turgidi! Presi a spalmare la crema in larghi cerchi concentrici cercando di non trasmettere il piacere che provavo a quel contatto, facendolo quasi in modo casuale. Ma la realtà era che a ogni curva, a ogni cerchio, cercavo di esplorare zone sempre più proibite. Il fianco non era più terreno sconosciuto e quasi, pochi centimetri, sarei arrivato a quei bellissimi seni. I miei occhi guizzavano dalle sue mani, alla schiena, alla chioma nera sotto la quale respirava, imperscrutabile. – Mmmh. Era un gemito o un grugnito di disappunto? – Marco? – Avevo le traveggole? La sua voce mi sembrava…eccitata? – Grazie, sei stati bravissimo. Magari me ne spalmi anche un po’ sulle gambe? Non vorrei scottarmi … – Concluse. Mi sporsi un po’ in avanti. Intravedevo un noto e inequivocabile rossore sul collo. Quindi, forse, non mi stavo immaginando tutto. L’eccitazione stava prendendo il posto dell’imbarazzo, e del pudore. Mi alzai, per sedermi su un piccolo bordo del suo lettino. Di nuovo il rito della crema, come un’antica cerimonia sciamanica dalla quale trarre forza. E di nuovo le mie mani su quel corpo splendido, e sempre meno proibito. Avevo appena iniziato a scorrere sui polpacci, indeciso su come violare le zone più eccitanti da lì in su, e mi fermai, sconvolto. La sua mano, la sua piccola mano, si era sollevata senza che l’avessi vista e si appoggiava, adesso, sulla punta durissima del mio cazzo. Dovevo decidere, in fretta.
Mi mossi leggermente, sollevando il bacino e spingendo ancora di più il mio cazzo contro la mano di mia Zia.
Lei non si mosse ma adesso era impossibile non avesse sentito cosa le scivolava sotto le dita. Sapeva cosa stava facendo, e cosa volevo fare io. Perciò presi coraggio.
Salii, lento, lungo le gambe. Dietro le mie mani piccole perle di crema solare doravano la pelle già ambrata di quel corpo splendido. Polpaccio, incavo dietro il ginocchio, coscia e lì mi fermai allargando quelle che ormai erano diventate sensuali carezze fino ad arrivare all’attaccatura delle natiche.
Lei non si muoveva. La mano sempre adagiata sul mio cazzo pulsante. Presi a massaggiarle le coscie, alternando energiche strette con piccole pennellate di desiderio. Dovetti fare appello a tutto il mio autocontrollo per costringermi ad alzare la testa e verificare che nessuno ci stesse guardando: fu con sollievo che ne ebbi la conferma. Eravamo praticamente soli. Le persone più vicine erano una coppia sonnecchiante parecchi lettini più in là.
Tornai a concentrarmi su di lei. Salli ancora e con il mignolo della mano destra presi a sfiorare, a ogni frizione di crema, lo i bordi del costume. A poco a poco lo ridussi a un largo perizoma che si tuffava tra quelle natiche sode e sensuali. Divenni ancora più audace: passai una mano dalla coscia alla natica e poi scesi. Ma nel farlo indugiai con il dorso del pollice proprio tra le sue gambe, scivolando sul punto in cui, ne ero certo, si trova nascosto tra le labbra della figa, il clito.
Se fino a quel momento avevo temuto di fraintendere, lì fui certo di cosa poteva succedere quel pomeriggio, in quella piscina. Non appena la toccai in quel punto sentii un’iconfondibile stretta della sua mano sul mio cazzo. Pur attraverso la spessa tela dei boxer mi aveva agguantato, per quanto possibile, l’asta del mio pene turgido: lo voleva.
Non persi tempo. Con entrambe le mani passai di nuovo sulle natiche. Come erano sode e morbide al tempo stesso. E che spettacolo la linea dell’abbronzatura, ora scoperta dalla mia precedente audacia. Scesi e infilai i pollici sotto il costume. Li unii, seguendo i contorni del suo culo e fu allora che trovai, eccitante e irresistibile, un piccolo lago tra le sue gambe.
Era eccitata, almeno quanto lo ero io.
Gemette, ne ero certo. E fu in quel momento che le sue dita, lussuriose, si intrufolarono tra i miei boxer: lo stava stringendo. Pelle contro pelle e, oh mio Dio, aveva iniziato ad andare su e giù. A segarlo, come sognavo da quel primo giorno in piscina, quando si era mostrata in tutta la sua bellezza.
Lenta, esperta, senza la fretta che le mie coetanee avevano sempre mostrato.
La mano di mia Zia, dalle lunghe dita affusolate, mi stava masturbando. La realtà si poteva descrivere in poche parole che però non rendevano per niente giustizia alla grandiosità di quel pomeriggio.
Fui costretto a fermarmi nel mio massaggio dall’eccitazione e dal desiderio che mi aveva travolta non appena lei si era infilata nei miei boxer da bagno. Ero lì, con i pollici bloccati sulla soglia bagnata dell’intimo piacere femminile. Ero lì, persino incapace di respirare per paura di interrompere la magia.
Mia Zia si fermò. Smise di salire e scendere con la mano, in quel modo maturo ed esperto che già mi faceva impazzire. Perchè si era fermata? E perchè non aveva però smesso di stringermelo se avevo fatto qualcosa di sbagliato? Mi assestai con un movimento quasi impercettibile del busto e nel farlo uno dei miei pollici scivolò sulle piccole labbra. A quella piccola sollecitazione, lei rispose facendo scorrere le sue dita sottili verso il mio glande.
Stava giocando? Io mi fermavo, lei si fermava. Io continuavo, le continuava. Dio, che donna. Questa sua disinvoltura non fece altro che aumentare la mia determinazione. Non era nuova a cosa di questo tipo, era evidente, ma anche io sapevo il fatto mio. A ogni minuto che passava, mi sentivo sempre più pronto a raccogliere la sfida.
Feci scorrere le dita sulle sue labbra, aiutandomi con il bordo del costume: lo utilizzavo per sfregare e sollecitarle il clito. Oppure lo distendevo di nuovo e le coprivo la figa mentre, a ogni passaggio, infilavo un po’ di pollice più in profondità per poi toglierlo subito. Dovetti concentrarmi molto per non fermarmi di nuovo quando lei, con la sua mano, aveva preso a scorrere lungo tutta la lunghezza del mio cazzo, indugiando sul glande, sfregandolo e scoprendolo, passando le dita sulla mia capella umida ed eccitata. Poi scendeva di nuovo, scoprendola ancora di più. Era talmente brava a farlo con la complicità dei boxer, era così abile nell’accarezzarmi anche sotto, sulle palle, che mi sembrava di essere completamente avvolto da una calda figa.
Vediamo fino a che punto ti vuoi spingere, mi dissi. La mia mano destra si allungò. L’indice e il medio salirono, sfregando, fino al piccolo triangolo di peli pubici che incorniciavano il clito. Il pollice scivoò verso il basso, lento. Entrò, in tutta la sua lunghezza, uscì, e poi salì ancora, ancora e ancora. Adesso tracciava piccoli cerchi, quasi distratti, intorno al centro delle sue natiche. Lei sollevò i fianchi impercettibilmente: mi stava offrendo qualcosa?
Non feci in tempo a raccogliere l’invito, un turbinio di emozioni mi travolse. La sua mano aveva preso a muoversi più in fretta e con una leggera violenza, irresistibile. Il mio fiato, senza che me ne accorgessi, si era fatto corto e il mio bacino aveva preso ad agevolare il suo movimento.
Dio. Stavo per venire e non desideravo altro. A occhi chiusi, respiravo piacere a pieni polomni. Fu per questo che la fine di quelle sensazioni mi travolse come un fiume in piena. Prima di raggiungere l’orgasmo mi trovai a stringere tra le mani un asciugamano, e mi trovai con il cazzo che uscita di un centimetro dai boxer, abbandonato al suo turgidore.
Aprii gli occhi. Mia sia mi stava guardando, a capo inclinato. Rossa in volto aveva un sorriso micidiale: “Vado a fare il bagno…fa un caldo oggi, non trovi?”.
E si alzò, mentre a ogni passo il suo ancheggiare mi prometteva lussuria.
La seguii con lo sguardo. Se qualcuno mi avesse visto in quel momento, con la bocca spalancata, con le mani sospese sul lettino accanto al mio, con un pezzo di pene fuori dai boxer e con il fiato corto, non so cosa avrebbe potuto pensare.
Mi ci volle quasi un minuto per cercare di ricompormi e riacquistare un po’ di controllo. Con la massima disinvoltura di cui ero capace in quel momento, rinfoderai il mio cazzo che non voleva saperne di ridurre la sua erezione. Mi passai una mano tra i capelli, alzandomi poi di scatto. Infilai le mani in tasca nel tentativo di nascondere il vistoso gonfiore tra le gambe.
Mia Zia, nel frattempo, era già sotto la doccia della piscina. In quel momento era tale e quale al giorno in cui l’avevo realmente vista per la prima volta.Tale e quale al giorno in cui avevo desiderato di scoparla. L’acqua fredda le scorreva sul corpo, dorandolo di riflessi. I capezzoli sporgevano turgidi dal bikini e, ne ero certo, anche per merito mio.
Restai in adorazione fino a quando abbandonò la cascata d’acqua e, non prima di avermi scoccato un’altra delle sue occhiate, si tuffo nella piscina completamente vuota. Dovevo assolutamente seguirla.
Mi guardai intorno e, di nuovo, rimasi stupito da quando l’intero parco intorno alla vasca era deserto. La solita coppietta e altre tre persone, ben lontane dal bordo piscina. Mi mossi, un po’ imbarazzato per non riuscire a nascondere la mia erezione. Raggiungi la doccia e mi tuffai: ero terribilmente eccitato all’idea di cosa poteva succedere di lì a pochi minuti.
Mia Zia aveva raggiunto il lato opposto della vasca verso uno dei quattro angoli e adesso era appoggiata con le braccia sul bordo, dandomi le spalle. Da lì, nessuno la poteva vedere. Mi tuffai e l’attrito dell’acqua che scorreva sul mio cazzo mi diede un piacevolissimo brivido: non mi ero mai sentito eccitato come in quel momento. Con lunghe bracciate silenziose mi avvicinai e poco prima di raggiungerla smisi di nuotare: ancora non si era voltata e anzi aveva appoggiato la testa, inclinandola, sul suo braccio.
Il cuore mi scoppiava, ma ormai le cose si erano spinte troppo oltre per potermi fermare. Se non avessi fatto quello che desideravo, ero certo me ne sarei pentito. Coprii gli ultimi due metri che mi separavano da lei camminando e, nel mentre, sfilai il mio cazzo ancora duro fuori dalla patta dei boxer. Lo intravedevo attraverso l’acqua e mi sembrava la cosa più naturale da fare.
Un passo. Due. Tre. Il corpo di mia Zia, colorato dai riflessi dell’acqua, era sempre più vicino. Le sue spalle, sulle quali si intravedevano i muscoli torniti da ore e ore di palestra, i suoi capelli bagnati, il profilo del suo viso. E scendendo la schiena, la corda del bikini e poi più giù quel meraviglioso culo.
Quattro, cinque. Sei passi. Ecco. Quando il mio pene, duro, turgido, e stranamente avvolto dallo scorrere dell’acqua si spinse sul suo costume, spingendo tra le natiche, mi parve di impazzire. Lei, invece, non si mosse se non spostando impercettibilmente il capo. Mi avvicinai ancora e il mio cazzo si inclinò, scivolando in basso, e appena sotto il bordo del costume. Allungai le mani, tremanti, a sfiorarle i fianchi. Che strano il contatto con la sua pelle sott’acqua. Ne percepivo il calore, ma in modo diverso. Li accarezzai, la strinsi e poi presi a scorrere sul suo ventre, salendo con la mano destra. Sentivo il suo respiro accelerare, al ritmo del mio. Salii ancora fino a quando le mie dita si intrufolarono sotto il bikini: non appena incontrai il capezzolo allargai la mano, scostando del tutto il costume, e le strinsi il largo e morbido seno.
Gemette, ne ero certo. Ormai avevo perso ogni inibizione. La mano sinistra scivolò in basso, superando l’ombelico e il triangolo di peli pubici che già prima avevo incontrato. Quando strinsi tra indice e medio il clitoride, mia Zia sussultò. Mi prese la anche ancora le stava massaggiando il seno e, aggrappandosi a essa, si voltò: per la prima volta, da quel giorno, la stavo guardando negli occhi.
E quello che lessi andavo al di là di ogni mia più sfrenata speranza. Sorrise, di nuovo in quel modo ammicante.
“Chiudi gli occhi” sussurrò.
Io, schiavo di un desiderio che non riesco nemmeno ora a spiegare, obbedii. Scivolò di lato, liberando la mia mano sinistra e la sentii che si staccava da me.
“Non aprirli” ripetè, come a leggermi nel pensiero.
Dovetti allungare le mani verso il bordo per non cadere, quando successe. Sentii qualcosa di caldo avvolgermi il glande. Sentii qualcosa di caldo giocare con la punta del mio cazzo. Piccoli vortici roventi di piacere misti a delicati morsi. Il calore che si estendeva a tutta la lunghezza dell’asta mentre due mani mi salivano dalle gambe fin sotto il costume, stringendomi e graffiandomi le natiche.
Non avevo mai provato niente di simile. La bocca di mia Zia mi stava facendo impazzire.
Senza rendermene conto avevo iniziato a ongeggiare avanti e indietro, spostando il bacino in affondi di sfrenata lussuria. Diverse volte lo avevo fatto con mie coetanee o ragazze più giovani di me, in modo quasi violento o rabbioso. Ventenni abituate a gestire un pompino con la fretta meccanica o con distratta sudditanza.
Avrei dovuto immaginare che con mia Zia, rivelatasi una donna straordinaria, sarebbe stato differente.
Al mio secondo ondeggio le sue unghie si conficcarono ancora di più nella pelle delle mie natiche e con un piccolo morso, non così forte da farmi male ma sufficiente a chiarire la situazione, mi face capire che, come prima, comandava lei.
Mi fermai immediatamente. Erano passati forse dieci secondi da quando, scendendo nell’acqua, aveva sollevato me in un tripudio di piacere e desiderio, ma mi sembrava un tempo molto più lungo.
Ero concentrato, come mai mi era successo, su ogni piccola sensazione. Riuscivo a sentire il contatto con ogni parte del suo corpo. I capezzoli che, a tratti, mi sfioravano le cosce. L’ondeggiare dei suoi lunghi capelli che, come tentacoli di lussuria, si avvolgevano per poi liberarsi alle mie gambe. E la lingua, e le labbra. Calde, alternate a piccoli frammenti di acqua fredda che si lasciava entrare in bocca.
Avevo letto, da qualche parte, di alcune tecniche di masturbazione che si basvano sull’alternanza tra caldo e freddo ma non vi avevo mai dato molto credito. Adesso sarei stato pronto a credere qualsiasi cosa.
Sentii una corrente gelida sul culo: aveva staccato le mani e ben presto lo stesso brivido mi avvolse tutto il corpo. Anche la sua bocca, promessa di sensazioni incredibili, non accoglieva più il mio cazzo.
Da quanto tempo durava quell’erezione incredibile?
“Tieni gli occhi chiusi” disse.
Non mi rendevo conto di non averli ancora aperti. Il mondo era diventato puro bagliore. Lampi di orgasmo non raggiunto.
“Va-va-bene” balbettai. Ma non per l’imbarazzo. Solo le parole non erano adatte a spiegare niente di quel momento.
Sentii le sue mani corrermi intorno al corpo e spingermi leggermente in avanti a occupare il posto in cui prima si trovava lei. Un passo e il bordo vasca fu all’atezza del mio petto. Il contatto del mio cazzo con la fredda superficie della parete lanciò altri bagliori.
“Fermati e mettiti comodo” questa volta le sue parole si tuffarono con un altio di aria calda nel mio orecchio. Ogni cosa che faceva mi mandava fuori di testa.
Sentii le mani di mia Zia correre lungo la schiena, di nuovo graffiando e accarezzando. Schesero e si divisero. Una risalì e mi strinse con forza un capezzolo, e poi l’altro, prima di scendere ancora. L’altra si infilò nel costume e prese a seguire, scavando, la linea delle natiche.
Percepivo il suo contatto sul ventre e quando, come era successo prima sui lettini, le sue dita si strinsero sul glande ebbi l’ennesimo sussulto. Era una sensazione molto diversa rispetto a quando la sua bocca mi aveva avvolto il cazzo, ma da un certo punto di vistà più consapevole. Con la mano poteva giocare in un modo che non credevo possibile.
Avanti, indietro, piccole torsioni e poi sulle palle e di nuovo sul glande. Tremavo.
E l’altra mano cosa stava facendo? Continuava la sua corsa tra le natiche, aiutata dall’acqua che le facilitava lo scivolamento. Mentre davanti un triongo di estasi infiammava ogni centimetro del mio cazzo, dietro brividi mai provato iniziavano ad arrampicarsi lungo la schiena.
Un dito, forse l’indice, era sceso e per un istante lo percepii che si incontrava con l’altra mano.
Ecco. Che sensazione incredibile. Ma cosa stava facendo?
Lenta, in piccoli cerchi concentrici, aveva iniziato a girare intorno al mio culo. Proprio al buco. ci giocava e ogni tanto aumentava la pressione. In quel momento contraevo i muscoli del bacino e il mio cazzo guizzava tra le sue mani, come impazzito.
Attraverso gli occhi chiusi vedevo esplodere un mondo mai intuito prima.
Dovetti mordemi un labbro per non gridare quando, inaspettatamente, affondo poco più di un centimetro del suo dito affusolato nel mio culo.
Il freddo, il caldo, la sua mano che continuava a segarmi.
Ci mancò poco che svenissi.
“Tra poco, toccherà a te” sussurrò di nuovo condendo le sue parole con un guizzo di lingua, a dorarmi l’orecchio.
Le parole di mia Zia mi rimbalzavano in testa accentuando le vertigini che le continue stilettate di piacere mi causavano. Sentivo il sangue scorrere direttamente dalla testa al cazzo, duro e turgido come mai era stato, travolto dal calore e dal brivido. Ero quasi del tutto privo di volontà coinvolto nella più lunga e eccezionale odissea di godimento che avessi mai provato. Adesso sentivo anche i capezzoli strusciarmi contro la schiena mentre assecondava i movimenti delle mani, attaccandosi e staccandosi da me. Il suo ventre caldo, sfiorarmi.
Fu come se il mondo perdesse improvvisamente colore, perciò, quando le suemani lasciarono il mio corpo e quando si staccò da me. Rapido il turbine di piacere in cui ero avvolto, da capo a piedi, stava scemando sostituido dal freddo impersonale della piscina.
Ma bastò la sua voce, di nuovo calda come miele rovente, a riportarmi dove ero.
“Voltati”, sussurrò. E le sue mani decise ma delicate mi presero le spalle e mi girarono “Ma non aprire ancora gli occhi” continuò. Resistetti, facendo appello a tutto la paura che provavo alla sola idea della fine di quel gioco.
Mia Zia era diversa da tutte le ragazze con le quali ero stato. Ogni secondo lo capivo. Abituata a giocare, a comandare, e essere comandata. Sentii le sue mani che mi abbassavano i boxer da bagno e di nuovo ogni logica evaporò nel più torrido desiderio.
Non potevo aprire gli occhi perciò mi affidai alle sensazioni che provavo. Il mio cazzo adesso ondeggiava sbattuto dai flutti della piscina mentre le sue mani stavano risalendo il mio corpo con piccoli graffi. La pancia, e poi i capezzoli. Li strinse ancora e mi scapp un gemito.
“Fai un passo avanti” disse. E capii che si trovava davani a me. Obbedii, come solo un nipote in cerca della sua prima, vera, scoperta del sesso può fare. Staccarmi dal bordo piscina accentuò l’ondeggiare del mio pene, libero ed eccitato come non mai “Bravo” disse. Non so perchè, ma il fatto di compiacerla mi glavanizzava.
Sentii qualcoa scorrermi sui fianchi e le sue mani mi artigliarono le spalle, aggrappandosi saldamente.
Oh mio Dio. Oh Mio Dio. Capii cosa stava facendo. Le sue gambe, quelle splendide e lunghe meraviglie di marmo ambrato si strinsero intorno alle mia vita, si incrociarono dietro di me. E il mio glande scivolò su pelle nuda, incastrandosi tra le sue natiche sode e calde. Era senza costume. Avevo appena sfiorato il suo ventre, la sua fige e ora lei, con piccoli movimenti, mi stava masturbando con glutei si straordinaria sensualità.
Non potevo resistere con gli occhi chiusi, dovevo fare qualcosa per appagare il mio desiderio. Allungai le mani in cerca della sua pancia e non appena le afferrai i fianchi le lasciò le mie spalle. Adesso, ptoevo immaginare, era perpendicolare al mio corpo, pronta a un amplesso che desideravo con tutta la mia forza.
Salii, sulle costole, tese in quella posizione di un’oscena meraviglia. Scivolai come volevo fare dall’inizio di quel pomeriggio sotto il suo bikini e le strinsi le tette. Erano meravigliose, morbide ma sode. Giocai con i capezzoli per interminabili secondi. Li sentivo indurirsi sempre di più sotto le mie dita e a ogni strizzata le natiche di mia Zia si chiudeva sul mio cazzo. Stavamo danzando, lussuriosi e sfrenati. Continuai, unendole i seni. Come dovevano essere meravigliosi. Eppure, vivere tutto attraverso il tatto, aveva qualcosa di magico.
La mia mano destra salì ancora e si infilò tra le sue labbra. Sembrava non aspettare altro. La lingua corse sul mio indice, lo circondò e lo lasciò in un turbine infinito. Scesi con l’altra mano. Doveva restituirle parte del piacere che mi stava dando, o rischiavo di impazzire. Sfiorai quel triangolo di peli pubici che avevo scoperto…quando? Sembravano secoli prima. Scesi ancora, in cerca del suo clito e quando lo trovati iniziai a giocarci.
Lei reagì mordendomi l’indice e io cacciandole le dita più a fondo, tra le labbra. Ma volevo fare qualcosa di più.
“La tua mano” dissi, a bassa voce, e schiusi le labbra. Lei capì, come ero certo avrebbe fatto. Un dito mi accarezzò le labbra e io lo tirai nella mia bocca con la lingua. Volevo farle provare il più possibile l’estasi che mi aveva donato prima, quando la sua bocca si era chiusa sul mio cazzo. Volevo farle capire, farle sentire, per quanto ero capace, come godeva un uomo. Presi a mordere, succhiare, leccare. Gemeva. Con una mano le stuzzicavao il clito, scendendo e salendo, con l’altra inseguivo la sua lingua e con la bocca le stavo, non l’avrei mai più ripetuto nemmeno a me stesso, facendo un pompino.
Ero così concentrato che impiegai un millesimo di secondo in più a capire quello che era accaduto. Le sensazioni che provenivano dal mio cazzo erano cambiate, in modo straordinario. Non resistetti più, aprii gli occhi.
Ciò che vidi sarebbe rimasto con me per sempre. Mi Zia a occhi chiusi, le gambe muscolose strette al mio petto. I seni, splenditi e i capezzoli rosso fuoco. Il suo ventre piatto, teso in quella stretta, tutti i muscoli infiammati. E adesso, la magia si era compiuta, il mio cazzo la stava penetrando. Lo sentivo chiaramente e lo vedevo dalla sua bocca, aperta in un muto grido di piacere.
Quell’immagine, lo sapevo, non mi avrebbe mai più abbandonato. Come vi ho già detto, non si trattava di una semplice scopata, e mia Zia non era una delle ragazze con le quali ero stato. Era una donna eccezionale. Lo posso dire, quell’esperienza mi stava facendo diventare veramente uomo. Ma non solo, mi stava regalando una sicurezza che diversamente non avrei mai avuto.
Non riuscito a decidere dove guardare e una cascata di emozioni mi travolgeva coinvolgendo tutti i sensi. Le mani continuavano a scorrere. Trai i suoi splendidi seni, ancora in parte intrappolati dal bikini, ma liberi di essere stretti, accarezzati, stuzzicati. E tra le sue gambe, sul suo clito, fino a sfiorare il mio cazzo che adesso era completamente dentro di lei. Salivo e scendevo, alternando i miei affondi con il pollice, che a volte si affiancava al cazzo, altre volte scorreva fino al ciuffo di peli che tanto mi aveva fatto impazzire.
La sua mano uscì dalle mia labbra e prese a stringermi i capezzoli, di nuovo. Con forza, e il piacevole dolore che provai mi esaltò: sapeva come eccitare un uomo, e in quel momento io ero l’uomo che voleva.
Le strinsi i fianchi, con forza, e la tirai a me a ogni affondo. Onde si erano formate tra il suo corpo e il mio, e a ogni colpo di mare arrivavano per entrambi travolgenti fiamme di piacere.
La mia mano destra scorse lungo il fianco, le strinse le natiche sode e scivolò ancora più giù. Le dovevo qualcosa, e non intendevo finire quel pomeriggio con dei debiti. Ancora più in basso…ecco. Affondai l’indice, complice l’acqua e i movimenti del suo bacino. Adesso, quando la spingevo verso di me non solo il mio cazzo penetrava in tutta la sua lunghezza dentro di lei, ma il dito scivolava dentro il suo culo. Vedere le sue labbra che si schiudevano, la sua lingua che saettava dentro e fuori, percepire il suo gemito, era straordinario.
Ancora. L’indice era sparito fino alla falange e l’intensità stava aumentando, onde e desiderio. Lussuria e pervertita estasi. Dio, che momenti indimenticabili.
Ecco. Sentii il cazzo indurirsi ancora di più e contraendo le natiche cercai di spingerlo sempre più a fondo. Ma non sapevo quanto avrei ancora resistito. Da quanto avevo iniziato a massaggiarla ero quasi venuto per ben tre volte e adesso era impossibile resistere ancora. E forse, anche lei, stava per raggiungere l’orgasmo.
Il viso era porpora, così come il collo e i seni. L’espressione di osceno splendore che le animava il volto assomigliava al più torbido dei godimenti. Eppure, da dominatrice quale si era dimostrata, si accorse che stavo per venire. Slegò le gambe, si slacciò da me e con una rapidità che non credevo possibile mi fu alle spalle. La sua mano si strinse ancora sulll’asta e questa volta senza tanti preliminari, sentii il suo dito per l’intera lunghezza scivolarmi nel culo.
Prese a segarmelo, veloce, dalla base fino al glande e nello stesso tempo, Dio, mi stava scopando il culo.
Fu il più travolgente orgasmo della mia vita. Mi sembrò di venire cento volte e l’acqua che trascinava via il mio sperma sembrava prolungare quel momento.
Poi, in un lampo, tutto finì. Ma non fui in grado di muovermi. Ero devastato, ero privo di forze. Arretrai e invece che trovare il corpo di mia Zia, mi appogiai al bordo piscina.
Riaprii gli occhi e la vidi camminare verso la scaletta della vasca, già lontana da me di un paio di metri.
Si voltò, e mi guardò come aveva fatto poco prima, anche se sembravano passati secoli.
“Sei stato bravo Marco” disse. La voce più bella che avessi mai sentito, e le parole più meravigliosa che potessi udire “La prossima volta, sarai tu che insegnerai a me. Intesi?” strizzò l’occhio e quel momento, più di tutto quello che avevo vissuto, mi fece capire che la mia ossessione non sarebbe mai svanita.
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