Vù Cumprà

Scritto da , il 2021-03-16, genere gay

Nonostante sono un uomo attivo, non disdegno la compagnia di un uomo, e in più occasioni avevo spompinato e bevuto la sborra di qualcuno, così come ho già narrato in altri racconti. Questa volta invece mi trovavo seduto ad un tavolino esterno di un bar a sorseggiarmi un tè, quando si avvicina un africano che vendeva cianfrusaglie. “Vù cumprà” mi dice, offrendomi la sua mercanzia, aveva di tutto; gli dico di no, insiste ma continuo a dirgli di no, alla fine mi chiede qualche monetina per mangiare. Gli dico che soldi non gliene do, ma se proprio vuole gli offro la colazione. Accetta e si siede al tavolino, così ordino al cameriere un cornetto e un cappuccino. “Si vende poco, gente non compra” dice. Gli do confidenza e lui mi racconta di quando stava al suo paese e un po’ della sua vita. Ad un tratto passa una ragazza un po’ troppo scollacciata e vestita con una minigonna. Lui esclama “bellissima signora, al mio paese le donne non vanno in giro così, se no le violentiamo, in italia invece tutte così e a noi viene sempre il cazzo duro” “anche adesso?” chiedo. “certo, anche adesso, vuoi vedere?” e così dicendo si porta la mano sul cazzo, da sopra i pantaloni e se lo accarezza. In effetti ha ragione perché si nota un grosso rigonfiamento sotto la patta dei pantaloni. “Da quando non scopi?” gli chiedo, “solo seghe”. Nel vedere accarezzare quel grosso rigonfiamento, mi fa balenare l’idea di toccarglielo veramente. Ma forse incoraggiato dalla mia domanda, è lui a prendere l’iniziativa e mi invita a casa sua. “Se vieni a casa mia te lo faccio vedere”. Resto un po’ interdetto, ma è quello che volevo, non avevo ancora maneggiato un cazzo nero, ero curioso. Accetto! Mi dice di seguirlo e dopo un chilometro di strada arriviamo alla sua abitazione, un sottoscala che condivide con un amico momentaneamente fuori città. C’è disordine dappertutto. Mi fa sedere su un divano accanto a lui e senza tanti preamboli mi prende la mano e se la porta sulla patta. Lo tocco, è già durissimo. Si alza in piedi e si toglie i pantaloni e lo slip. Viene fuori un bastone di carne, nero come l’ebano, liscio, striato di vene e con una grossa cappella. Riprendo a toccarglielo, a menarglielo. “prendilo in bocca” mi dice. Mi metto in ginocchio e glielo prendo in bocca, poi lo lecco per tutta la sua lunghezza. Lui mi mette le mani sulla testa e me l’accarezza mentre continuo a spompinarlo. Lo sento mugugnare, grugnire, ogni tanto dice: “tutto, mass”, forse per dire “prendilo tutto, il più possibile”. Cerco di prenderlo il più possibile, ma è troppo grosso e lungo, riesco a ingoiare poco più della metà. Vado avanti e indietro con la bocca ma ben presto sento la cappella ingrossarsi, lui si irrigidisce ed inizia a tremare. Improvvisamente mi spinge la testa sul cazzo e mi spara un fiotto di crema, poi un altro e poi un altro ancora. Non è tanta e per non soffocare la bevo. Solo ora stacca le mani dalla testa, ma io continuo a succhiare la sua crema e lui stringe le chiappe per far uscire le ultime gocce. Dopo aver bevuto tutto il succo e le ultime gocce, continuo per un po’ a leccarglielo, mi piaceva la sensazione di averlo moscio tutto in bocca. “Alzati” mi dice. Mi alzo, “sei la mia donna, la mia puttana”. Come dargli torto, sicuramente sarò stato il primo uomo bianco a spompinarlo. Voleva vedermi ancora, ma non ci siamo più visti.

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