Autogrill

Scritto da , il 2020-09-13, genere esibizionismo

Autogrill

Si erano dati appuntamento all'autogrill. Alle 13.15.
Alle 14 Ale doveva essere da un cliente, e Silvia a ritirare i bambini a scuola poco dopo.
Era marzo inoltrato, faceva caldo ma non ancora così tanto da vedere i parcheggi pieni di gente. E poi era giornata lavorativa.
Qualche camionista in pausa, sicuramente. Ma faceva parte del gioco.
Non si erano mai visti veramente. Qualche videochiamata sì. Ma lì non stai troppo ad inquadrare il volto. Beh, Ale diceva che lo sguardo furbetto di Silvia lo faceva eccitare parecchio, e l'effetto che provocava su di lei sentirselo dire...sì, era quello giusto.
Lui è già lì quando lei arriva. Con il mitico furgoncino da cui qualche videochiamata era partita. Mai lavato...sicuro!
Silvia ride già a vederlo da lontano. Fiero, impettito, con un sorriso a quattromila denti. Macchè sorriso, ride anche lui. Di gusto. Anche questo era bello: fare le porcate ridendo.
Come da copione Silvia accosta alla destra del furgoncino, in un posto accanto ad un camion gigante rosso. Davanti la campagna bresciana, dietro qualche altro bilico parcheggiato per il lungo. Lontano. Perfetto.
Anche questa volta si guardano i volti fugacemente, attraverso il vetro. Uno sguardo di troppo sarebbe insostenibile, se lo erano detto. Lui, come da copione, si avvicina subito al lato del guidatore, lei abbassa il finestrino. E in un attimo si trova il suo cazzo in bocca. Un enorme cazzo duro, già completamente bagnato. Perchè Ale era così: faceva un lago, solo al pensiero del sesso. Una forza della natura, l'unico pisello che lei avesse mai visto gocciolare a riposo.
Erano tante le volte in cui lei aveva desiderato essere lì a bere quel distillato. Ne aveva immaginato il sapore. Dolce. Sì. Era dolce.
Il cazzo è duro e gocciolante, ma non ancora scappellato. E questa era la parte migliore. Lui lo sapeva: a Silvia piaceva vedere l'attimo esatto in cui la cappella si liberava. Si erano raccontati molte cose in quei mesi. Doveva sbocciare nella sua bocca.
Ale si appoggia al tetto dell'auto, Silvia con una mano si toglie la cintura e con l'altra si fa spazio tra le cosce e i vestiti di lui, per arrivare ai suoi testicoli. Gonfi, pelosi e caldi. La cappella appena in bocca, una mano a massaggiare con cura le palle e l'altra vicino alle labbra, a stringere ad anello quel bastone nel punto in cui si ingrossa. Le labbra e la lingua che esplorano.
Ale gode. Non ci poteva credere che lo stavano davvero facendo. Si è masturbato per tre notti e tre giorni pensando a quel momento. Ma come l'aveva trovata? Sua moglie non glielo avrebbe mai fatto un pompino in autogrill.
Luisa gode. Non ci poteva credere: veramente sono così porca? Chissà se qualcuno ci sta guardando. Chissà se qualcuno si eccita a vedermi. Chissà se mi ritrovo un altro cazzo in bocca dopo questo. Questo pensiero la eccita. Apre di più la bocca, lo vuole tutto. Si aiuta con le mani. Ale geme. Lo dice, che lo sta facendo impazzire. Lei lo sa che tra poco le arriverà addosso una lunga e copiosa sborrata. Tra le gambe è un lago, dalla bocca le scende più di qualche goccia di saliva e chissà che altro. Si sente tutta bagnata, ovunque. E poi arriva, lo sente dalla base che il cazzo si ingrossa, la sborra che ne percorre la lunghezza e poi esplode nella sua bocca. Lei sente il getto caldo dritto in gola. Ma è tanto, Ale tira fuori il cazzo e continua a sborrarle sulla faccia, sugli occhi. Caldo. Tantissimo. Lei non lo ingoia. Non oggi. Lo sputa dal finestrino e comincia ridere, mentre con le dita cerca di fare spazio per vederci di nuovo. Anche Ale si sente che ride. Le allunga della carta, quella terribile dei cessi pubblici. Cartavetrata rubata al lavoro forse. Si rimette il cazzo nei pantaloni. Si allontana e si affaccia sul parabrezza. Ride ancora e le chiede se sta bene. Lei non smette di ridere e fa sì con la testa mentre tira su il finestrino. Si mandano un bacio attraverso il vetro. Lui torna in furgone. Si salutano con la mano attraverso i finestrini.
Silvia rimette la cintura. Nessuno a fare la fila. Peccato, sarà per la prossima volta.

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